“Quali contraddittori ingredienti fermentavano mai nel cervello di Sieyès perché nel giro di un decennio consumasse tutto l’arco dell’esperienza politica del regime rappresentativo e si offrisse come esempio – in seguito sempre meno raro – di un terzo stato che rinnega il suo stesso fondamento politico? Probabilmente l’interesse maggiore che oggi presentano gli opuscoli di Sieyès sta proprio nella possibilità di individuare quegli ingredienti e di fissare con una qualche chiarezza il senso e il perché della parabola che la rivoluzione francese compì in appena un decennio e che di decennio in decennio dovevano poi essere chiamati a compiere tutti o quasi gli altri regimi rappresentativi costruiti dalla borghesia europea. E l’interrogativo forse più stimolante che il complesso dell’opera di Sieyès sembra proporre è il seguente: la sua lotta contro il privilegio investiva davvero ‘tutti’ i privilegi e il terzo stato, di cui era oracolo, rappresentava davvero l’antitesi generale del privilegio? E davvero il governo rappresentativo consente di costruire l’interesse comune – come Sieyès lo chiama – superando gli interessi particolari o non è esso, piuttosto, in quanto comunità soltanto politico-astratta, la nuova forma in cui gli interessi particolari si confermano, come presupposti inamovibili e perciò come gli autentici privilegi da sopprimere con la loro astratta antitesi politica? Sono questi, si sa, gli interrogativi su cui ragionerà – corrodendo lo Stato politico-rappresentativo recepito dalla rivoluzione francese – il giovane Marx polemizzando tanto con Hegel quanto con Rousseau” (pag XIX-XX) (prefazione all’edizione del 1989 di Umberto Cerroni) [Emmanuel-Joseph Sieyès, a cura di Umberto Cerroni, ‘Che cosa è il terzo stato?’, Editori Riuniti, Roma, 1992]