“Protagonisti della polemica – che si svolge sulle colonne della «Rätekorrespondenz», l’organo teorico dei «comunisti dei consigli» – sono Anton Pannekoek e Paul Mattick. Nel suo intervento Pannekoek (34) rivolge a Grossmann – con maggiori pretese scientifico-economiche ma in modo assai meno articolato – una critica analoga a quella che Korsch aveva rivolto alla teoria della crisi nel suo complesso. Dopo aver preso le mosse dall’assunto che «la questione della necessità e inevitabilità del crollo capitalistico, e del modo in cui questo va inteso, è per la classe operaia, per la sua conoscenza e la sua tattica, la più importante di tutte le questioni» (35), finisce poi per affrontare il discorso di Grossmann con un approccio sostanzialmente esterno (36). Le critiche che Pannekoek rivolge a Grossmann sono in sostanza due: 1. quella di voler dedurre la fine del capitalismo «da un punto di vista puramente economico (‘rein wirtschftlich’)» (37), e quindi di concepire il crollo «indipendentemente dall’intervento umano» (38); 2. quella di ridurre la lotta di classe a un contesto «economicistico», di risolverla cioè nella lotta per il salario e la riduzione del tempo di lavoro (39). Egli veniva per questa via a liquidare in modo ancora più netto e radicale di Korsch, tutta la teoria del crollo, dalla Luxemburg a Grossmann, in quanto ancorata a una concezione deterministica e «borghese» della «necessità storica» (40). A ben guardare, però, Pannekoek poteva intanto rivolgere questa critica di «economicismo» a Grossmann, in quanto ‘era egli stesso legato a un concetto ristretto («borghese») di economia’. Su questo rilievo, per l’appunto, è imperniata l’importante anticritica di Mattick. Pannekoek, rileva Mattick, non è riuscito a cogliere il carattere ‘dialettico’ del procedimento di Grossmann, fondato su una base metodica schiettamente marxiana. Il metodo della critica dell’economia politica non mira alla descrizione storico-empirica dei processi reali, ma all’isolamento astrattivo (‘Isolierungsmethode’) di certi momenti fondamentali, in grado di definire l’insieme delle leggi di movimento della società capitalistica: «Neanche per Grossmann esistono problemi «puramente economici»; ciò non gli impedisce tuttavia, nella sua analisi della legge dell’accumulazione, di limitarsi ‘per ragioni metodiche’ alla definizione di presupposti puramente economici e di arrivare così a cogliere ‘teoricamente’ un punto-limite oggettivo del sistema. La ‘cognizione teorica’ che il sistema capitalistico deve, per le sue interne contraddizioni, andare necessariamente incontro al crollo ‘non induce affatto’ a ritenere che il ‘crollo reale’ sia un processo automatico, indipendente dagli uomini (41). Queste puntualizzazioni di Mattick sono di enorme importanza: non solo perché si oppongono a una tendenza generale del comunismo (e del socialismo) di sinistra, ma anche e soprattutto perché vanno, per l’ampiezza di respiro, al di là dei suoi ristretti confini teorico-politici e colgono, forse inconsapevolmente, una generale incapacità politica del marxismo europeo, riscontrabile nell’oscillazione tra una versione specultativa e una pragmatica del rapporto teoria-prassi” (pag 133-134) [Giacomo Marramao, ‘Il politico e le trasformazioni. Critica del capitalismo e ideologie della crisi tra anni Venti e anni Trenta’, De Donato Editore, Bari, 1979] [(34) Cfr. Pannekoek, ‘Die Zusammerbruchstheorie des Kapitalismus’, in “Rätekorrespondenz” 1934, n. 1, ristampato in ‘Korsch-Mattick-Pannekoek, ‘Die Zusammerbruchstheorie des Kapitalismus oder revolutionäres Subjetkt’, cit., pp. 20 ss; (35) Ivi, p. 20; (36) Pannekoek ripropone acriticamente l’obiezione che è stata rivolta a Grossmann da molti “economisti di professione”, quella cioè di aver condotto la propria dimostrazione dell’inevitabilità del crollo sulla base dello schema di Otto Bauer (cfr. ‘Die Akkumulation des Kapitals’, in ‘Die Neue Zeit’, XXXI, 1912-1913, pp. 831-38; pp. 862-74). L’obiezione avrebbe senso solo se Grossmann avesse veramente inteso dare una rappresentazione schematica del crollo. Ma di una tale rappresentazione Grossmann nega addirittura la possibilità. Il suo scopo era in realtà quello di dimostrare l’impossibilità di uno sviluppo armonico a partire dalle stesse premesse di Bauer (cfr. Grossmann, ‘Das Akkumulations- und Zusammenbruchsgesetz’ cit., p. 95). La stessa obiezione viene rivolta a H. Grossmann da Sweezy in ‘La teoria dello sviluppo capitalistico’, a cura di C. Napoleoni, Torino, 1970, pp. 247 ss. Sull’argomento si vedano anche le acute osservazioni di Roman Rosdolsky, ‘Zur Entstehungs-geschichte des Marxschen “Kapital”‘, Frankfurt am-Wien 1968; trad. it. di B. Maffi, ‘Genesi e struttura del “Capitale” di Marx’, Bari, 1971, p. 521; (37) Pannekoek, op. cit., p. 28; (38) Ivi, p. 20; (39) Cfr. ivi, p. 29; (40) Ivi, p. 39; (41) P. Mattick, ‘Zur Marxschen Akkumulations- und Zusammenbruchstheorie’, in “Rätecorrespondenz”, n. 4, ora in ‘Korsch-Mattick-Pannekoek’, op. cit., pp. 47-48]
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- Articolo pubblicato:6 Maggio 2024