“Nella «Deutsche-Brüsseler-Zeitung» del 12 settembre 1847 Karl Marx scriveva che «i principi sociali del cristianesimo hanno giustificato la schiavitù antica, glorificato il servaggio medievale e sanno, al bisogno, approvare l’oppressione del proletariato, magari con un’aria un poco contrita. I principi sociali del cristianesimo traspongono in cielo la compensazione di tutte le infamie e giustificano così la continuazione di esse sulla terra. I principi sociali del cristianesimo dichiarano che tutte le infamie commesse dagli oppressori contro gli oppressi sono il giusto castigo del peccato originale o di altri peccati, cioè sono le prove imposte da Signore, nella sua infinita sapienza, alle anime salvate. I principi sociali del cristianesimo predicano la vigliaccheria, il disprezzo di sé, l’abbassamento, la sottomissione, l’umiltà, in una parola tutte le qualità della canaglia. Il proletariato che rifiuta di lasciarsi trattare da canaglia ha bisogno del suo coraggio, del suo rispetto di sé, della sua fierezza, del suo gusto dell’indipendenza, molto più che del suo pane. I principi sociali del cristianesimo, sono sornioni; il proletariato è rivoluzionario» (1). Quale sia stato l’insegnamento della Chiesa – su questo punto – lungo i secoli e quindi quale giudizio si debba dare delle affermazioni di Marx in sede storica si dovrà vedere altrove (2).” (pag 7, introduzione) [Battista G. Guzzetti, ‘Cristianesimo ed economia’, Editrice Massimo, Milano, 1987] [(1) ‘Der Kommunismus der “Rheinischen Beobachters”, in “Deutsche-Brüsseler-Zeitung”, 12 settembre 1847, in Karl Marx – Friedrich Engels, ‘Werke’, IV, Dietz, Berlin, 1959, p. 200; (2) Vedi ad es. il mio ‘Chiesa ed economia. Disegno storico’, Marietti, Torino, 1972, pp. 280]