“Le macchine non sono una categoria economica più di quanto lo sia il bue che trascina l’aratro. Le macchine non sono che una forza produttiva. La fabbrica moderna, che si basa sull’impiego delle macchine, è un rapporto sociale di produzione, una categoria economica.” (pag 88); “Una delle condizioni più indispensabili per la formazione dell’ industria manifatturiera era l’ accumulazione di capitali; e questa venne facilitata dalla scoperta dell’ America e dall’ immissione nel mercato dei suoi metalli preziosi. È provato a sufficienza che l’ aumento dei mezzi di scambio ebbe per conseguenza, da un lato, il deprezzamento dei salari e delle rendite fondiarie, e, dall’ altro, l accrescimento dei profitti industriali. In altri termini quanto più la classe dei proprietari terrieri e la classe dei lavoratori, i signori feudali e il popolo, decaddero, tanto più si sviluppò la classe dei capitalisti, la borghesia. Vi furono altre circostanze ancora che concorsero simultaneamente allo sviluppo dell’ industria manifatturiera: l’aumentata quantità delle merci messe in circolazione (dopo che fu stabilito il collegamento con le Indie Orientali per la via del Capo di Buona Speranza), il sistema coloniale, lo sviluppo del commercio marittimo. (…) La creazione della fabbrica è preceduta da un vagabondaggio quasi universale nei secoli XV e XVI. La fabbrica trovò inoltre una solida e larga base nei numerosi contadini, che, cacciati continuamente dalle campagne in seguito alla trasformazione dei campi in pascoli e ai progressi dell’agricoltura, che rendevano necessario un minor numero di braccia per la coltivazione delle terre, continuarono ad affluire nelle città per secoli interi. L’allargarsi del mercato, l’ accumulazione dei capitali, le modificazioni sopravvenute nella posizione sociale delle classi, una folla di persone che si vedono private delle loro fonti di reddito, ecco altrettante condizioni storiche per la formazione della manifattura. (…) Fu il mercante a divenire il capo dell’ officina moderna, non l’ antico maestro delle corporazioni.” (pag 90-91); “Le macchine propriamente dette datano dalla fine del XVIII secolo. Niente di più assurdo che vedere nelle macchine l’antitesi della divisione del lavoro, la sintesi che ristabilisce l’unità del lavoro frazionato. La macchina è una riunione di strumenti di lavoro, e niente affatto una combinazione dei lavori per l’operaio stesso” (pag 91-92) [Karl Marx, ‘Miseria della filosofia. Risposta alla ‘Filosofia della miseria’ di Proudhon’, Editori Riuniti, Roma, 1986]