“La politica governativa nei confronti dell’agricoltura viene ora considerata da Lenin alla luce della riforma di Stolypin del 1906, la cui conseguenza fu, a suo parere, di “accelerare il saccheggio delle terre comuni da parte dei ricchi e di consolidare il possesso della terra tra i contadini benestanti”. Una proposta alternativa avanzata dai ‘trudoviki’ consisteva nella nazionalizzazione della terra (“che tutte le rappresentanze contadine hanno richiesto, più o meno decisamente, nel periodo fra il 1905 e il 1907”). Il significato di questa non stava nel fatto che avrebbe “cambiato le fondamenta borghesi dell’agricoltura commerciale e capitalistica”, conseguenza che comunque si sarebbe verificata, quanto nel fatto che “spazzerà via completamente tutti i rapporti medievali esistenti nella proprietà terriera, rimuoverà tutte le barriere artificiali sulla terra (…) potrà accelerare la morte della servitù, nonché lo sviluppo di un’agricoltura del tutto capitalistica, che risulterà completamente sbarazzata da tutto il ciarpame medievale. Questo è il vero significato storico della nazionalizzazione della terra in Russia, come si andava delineando alla fine del diciannovesimo secolo”. E’ in questo contesto che Lenin introduce la ben nota distinzione fra “la via prussiana e quella americana”. La prima “è caratterizzata dal fatto che i rapporti medievali nella proprietà terriera non sono liquidati d’un colpo: essi si adattano in qualche modo al capitalismo, e per questa ragione lo stesso capitalismo conserva in sé a lungo caratteristiche semifeudali”. Egli fa notare che in Germania dopo il 1848 “Il latifondismo prussiano non fu distrutto dalla rivoluzione borghese; esso sopravvisse e divenne la base dell’economia ‘Junker’, che è essenzialmente capitalistica, ma tiene ancora la popolazione rurale in un certo grado di servitù”. Pertanto “La dominazione sociale e politica fu rafforzata per molti decenni dopo il 1848, e lo sviluppo delle forze produttive dell’agricoltura tedesca procedette molto più lentamente che non in America”; nel caso di quest’ultima, tuttavia, invece dell’economia fondata sui rapporti di servitù del grande latifondo, riuscì a svilupparsi “l’economia del libero coltivatore” “libera da ogni ceppo medievale, libera da servitù e da residui feudali”. Quindi per la Russia del tempo “l’intera questione del futuro sviluppo del paese può essere ridotta a questo: quale delle due vie prevarrà alla fine, e in conseguenza, quale classe sociale porterà avanti i necessari e inevitabili cambiamenti – il vecchio latifondista oppure il libero agricoltore” (11)” [Maurice Dobb, Considerazioni su ‘Lo sviluppo del capitalismo in Russia’ di Lenin, Annali Feltrinelli anno 1973, 1974] [(11) ‘Egli aveva già detto precedentemente in un commento sulle proposte di coloro che sostenevano la modernizzazione tecnica dell’agricoltura russa: “L’essenza della crisi agraria non sta nella rimozione degli ostacoli allo sviluppo dell’agricoltura a un livello più alto, ma nel ‘come’ questi ostacoli si devono rimuovere, in quale classe debba rimuoverli e con quali metodi”‘] [V.I. Lenin – Materiali Bibliografici] [LBM*]