‘La serie dei «titani» aperta da Bennett continua a distanza di qualche anno con due personaggi che non si rassomigliano: uno è Charles Anderson Dana, che ha comprato dai successori di Beniamino Day il ‘Sun’ e gli dà nuovo vigore; l’altro lo conoscete già, è quell’ Horace Greeley, tenace e sfortunato sognatore, che s’era visto morire in mano il ‘Morning Post’ nel gelido inverno del 1833. Da allora Greeley ha ancora lottato per otto anni, senza mai cedere. Nel marzo 1834 aveva fondato il ‘New Yorker’, un settimanale intorno al quale era riuscito a raccogliere i migliori ingegni del tempo, e che difatti raggiunse ben presto un notevole prestigio negli ambienti letterari. (…) Ora arriva la sua giornata: il 10 aprile 1841 esce il ‘New York Tribune’. Stavolta è primavera: alla seconda settimana il suo giornale è già sulle 6 mila copie, dopo due mesi raddoppia, poco prima della guerra civile è a 45 mila copie. (…) Il ‘Tribune’ diventa presto la bandiera delle nascenti unioni operaie, degli abolizionisti, dei più ardenti e decisi sostenitori delle riforme sociali, che gli attribuiscono l’insegna di «Great moral organ», grande organo morale. È ormai sulla cresta d’una crescente ondata d’umanitarismo, di ribellione morale, che aveva investito vaste zone del paese, specialmente fra gl’intellettuali, la borghesia del Nord, gente di ogni credo religioso – specie i quacqueri e i metodisti – uomini e donne d’ogni tendenza che avevano fondato circoli, istituzioni di beneficienza, organizzazioni segrete per favorire gli schiavi fuggiti nel Canada o che rischiavano d’essere riconsegnati dagli Stati liberi a quelli del Sud. (…) Ora l’idolo delle folle è Horace Greeley, che è tra le figure più popolari di New York e dell’Unione: la popolarità lo inebria, lo spinge a gesti e a posizioni contraddittorie. I sarcasmi degli avversari, anziché spegnere il fuoco suo e dei seguaci, lo attizzano. Il socialismo? Viva il socialismo; fa sue le tesi di Fourier. (…) Egli sceglie come suo diretto collaboratore Albert Brisbane, che costruisce teorie, inventa l’ ‘associazionismo’; e apre il ‘Tribune’ ai pensatori americani ed europei, purché progressivi. Come si sa, al ‘Tribune’ collaborarono anche Carlo Marx e Federico Engels (2). In effetti i primi successi di Greeley sono alimentati proprio dagli attacchi del ‘Sun’ che, nei primi mesi di crescente fortuna del ‘Tribune’, l’aggredisce per fermarne l’ascesa; e invece ottiene l’effetto opposto. Non sono soltanto motivi di concorrenza giornalistica a spingere il ‘Sun’ contro il ‘Tribune’: i due giornali s’attestano su posizioni ideologiche diverse; difendono interessi contrastanti” (pag 65-68) [Carlo Barbieri, ‘Quarto potere negli Stati Uniti’, Cappelli editore, Firenze, 1967] [(2) Da quando, dopo il 1848, è a Londra, negli anni della povertà nera, più noto come agitatore e giornalista che come filosofo (‘Critica dell’economia politica’ esce nel 1859, il primo volume del ‘Capitale’ verso la fine del 1867) Carlo Marx vive di collaborazioni ai giornali americani e con gli aiuti del suo amico Engels: le lettere che gli scrive dànno i brividi. Sono gli anni in cui gli muoiono per denutrizione due bambini, la moglie è allo stremo ed egli non ha danaro per i pochi dollari che gli arrivano da New York sono una manna. Nelle corrispondenze al ‘Tribune’, nei panorami che egli traccia sulla situazione europea, si trovano molti giudizi sulle cose italiane, quelli spietati sugli errori di Mazzini, sulla pericolosità di Cavour (abilissimo, secondo Marx, ma complice dell’imperialismo francese) sulla politica dei Savoia, ecc. Marx collaborò anche al N.Y. Times, particolarmente negli anni che precedettero la contesa tra Russia e Turchia – che portò al conflitto del 1855 – della quale egli s’era occupato in una serie di corrispondenze al quotidiano di Raymond (Henry Raymond, uno dei fondatori del New York Times, ndr)]
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- Articolo pubblicato:14 Maggio 2024