“Benché il proposito gramsciano di “rinnovare” il Psi in senso comunista nel fuoco della lotta per il potere operaio e contadino fosse espressamente lodato da Lenin e dall’Internazionale comunista, nel PcdI nascente prevalse dapprincipio Bordiga, vero fondatore e primo capo storico del nuovo partito. Ciò era pure connesso al fatto che egli era stato un esponente dei giovani socialisti noto nazionalmente sin dal 1912; si era poi molto battuto contro la grande guerra, e soprattutto aveva compreso prima di tutti la necessità di formare, per la rivoluzione, un partito rivoluzionario, comunista, senza riformisti. Su ciò si era realizzato il forte accordo con Lenin, al richiamato congresso del Comintern del 1920, basato sul fatto che il capo del bolscevismo e i suoi compagni erano persuasi che il fallimento o il ritardo delle attesissime rivoluzioni proletarie a Occidente, nel cuore del capitalismo, fosse legato all’assenza, nell’area, di partiti rivoluzionari, comunisti, effettivi. Bordiga, alla testa del PcdI, faceva prevalere pure la sua concezione del partito, inteso come corpo rivoluzionario: come «organo» del proletariato, di cui avrebbe dovuto essere considerato non già parte ma motore centrale, più o meno come il cervello, e il cuore, nel corpo umano. Al proposito sono molto interessanti gli articoli di Bordiga del 1921 sulla forma-partito comunista: testi di una chiarezza e potenza logica impressionanti, anche se configurano una dottrina più da setta che da grande partito. Innanzitutto è teorizzata l’opposizione tra partito come avanguardia di classe e partito laburista, come ben emerge nel seguente passaggio: «Tutta la degenerazione dei partiti socialdemocratici della Seconda Internazionale, ed il loro apparente divenire meno rivoluzionari della massa non organizzata, derivava dal fatto che essi ogni giorno di più perdevano la precisa sagoma di partito, appunto perché facevano dell’operaismo, del «laburismo», ossia funzionavano non più come avanguardie precorritrici della classe, ma come sua espressione meccanica in un sistema elettorale e corporativo in cui si dava lo stesso peso e la stessa influenza agli strati meno coscienti e più dominati da egoismi della classe proletaria stessa». E concludeva: «Il partito non parte da un’identità di interessi economici così completa come il sindacato, ma in compenso stabilisce l’unità della sua organizzazione su una base tanto più vasta quanto è la classe in confronto alla categoria. Non solo il partito si estende sulla base dell’intera classe proletaria nello spazio, fino a divenire internazionale [‘l’Internazionale Comunista, allora intesa come vero partito mondiale, di cui i singoli partiti erano sezioni territoriali’, ndr], ma altresì nel tempo: ossia esso è lo specifico organo la cui coscienza e la cui azione rispecchiano le esigenze del successo nell’intero cammino di emancipazione rivoluzionaria del proletariato (5)»” (pag 38-39) [Franco Livorsi, ‘La forma-partito comunista delle origini alla Liberazione’, (in) Il Ponte, Firenze, n. 8-9, agosto-settembre 1990] [A. Bordiga, ‘Partito e classe’, in ‘Rassegna comunista’, a. 1, n. 2, 15 aprile 1921] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]