“La cosa diventa anche più evidente se si considera la critica di Lenin a Bordiga: “…Bordiga e i suoi amici “di sinistra” dalla loro giusta critica dei signori Turati e consorti traggono la falsa conclusione che, in genere, ogni partecipazione al parlamento sia dannosa. I “sinistri” italiani non possono addurre neppure l’ ombra di un argomento serio in favore di questa opinione. Essi ignorano semplicemente (o cercano di dimenticare) gli esempi internazionali di una utilizzazione dei parlamenti borghesi, effettivamente rivoluzionaria e comunista, incontestabilmente utile alla preparazione della rivoluzione proletaria. Essi non immaginano neppure una “nuova” utilizzazione del parlamentarismo e continuano a strepitare, ripetendosi senza fine, a proposito dell’ utilizzazione “vecchia”, non bolscevica del parlamentarismo. In ciò sta appunto il loro errore fondamentale. (…)”. (pag 369-370); La critica di Bucharin a Trotsky. “La teoria del ‘socialismo in un paese solo’ era possibile solo smantellando la interpretazione che della rivoluzione permanente veniva data da Trotsky e il critico più acuto, teoricamente più rigoroso, della impostazione di Trotsky ci sembra essere stato Bucharin. Nel suo scritto ‘Sulla teoria della rivoluzione permanente’ (1925) egli si chiede: ‘Che cosa intendeva dunque Marx con la teoria della rivoluzione permanente? Marx intendeva una prospettiva secondo cui il rapporto di forze si muta costantemente nel corso della rivoluzione e la rivoluzione si sviluppa costantemente “in avanti”. I grandi proprietari fondiari, diciamo, vengono rovesciati. Al loro posto subentra una delle frazioni della borghesia, per esempio, la borghesia liberale. Con ciò la rivoluzione non ha termine. La borghesia liberale viene rovesciata, al suo posto subentra la piccola borghesia radicale. La piccola borghesia radicale viene rovesciata e al suo posto subentrano i poveri delle città, alleati nel vero senso della parola con i poveri delle campagne e con la classe operaia. Infine anche questo governo è eliminato e cede il posto al governo della classe operaia. Naturalmente questo è uno schema, ma uno “schema giusto”. Dove sta dunque la sostanza della rivoluzione permanente? La sostanza della teoria marxiana, cioè giusta, della rivoluzione permanente sta nel fatto che qui si deve tener conto di mutamenti reali nel contenuto sociale della rivoluzione. (…)” (pag 472-473); “Ha afferrato il compagno Trotsky la ‘peculiarità’ della nostra rivoluzione? Ha visto il compagno Trotsky come essa ‘passi’ da una tappa all’ altra (come “si sviluppi” dall’ una nell’ altra)? Ha saputo afferrare l’ “anello” necessario della catena? A tutte queste domande bisogna rispondere negativamente. Il compagno Trotsky semplificava la questione all’ estremo: in Russia non ci poteva essere che ‘una’ rivoluzione proletaria. (Ancora nel 1905 il compagno Trotsky ‘negava’ la possibilità della rivoluzione borghese). In Russia poteva esserci ‘soltanto’ una rivoluzione proletaria, ma ‘questa rivoluzione proletaria in una paese piccolo-borghese era condannata alla rovina’ se non riceveva un appoggio ‘statale’ da parte del proletariato vittorioso dell’ Europa occidentale. “Senza il diretto ‘appoggio statale’ (sottolineato da me. Nb.) del proletariato europeo la classe operaia della Russia non potrà trasformare il suo temporaneo dominio in una durevole dittatura socialista. ‘Di ciò non si può dubitare nemmeno un istante'”, (La nostra rivoluzione’)” (pag 474-475) [Luciano Gruppi, Socialismo e democrazia. La teoria marxista dello Stato’, Edizioni del Calendario, Milano, 1969]