“(…) [P]ossiamo vedere per quali vie Gramsci, ancora in gran parte inconsapevolmente, venisse elaborando, negli anni fra il 1914 e il 1917, la sua visione di società e del socialismo. Il giovane Gramsci che mostra di conoscere principalmente gli scritti filosofico-politici di Marx e di Engels, o almeno di rifarsi piuttosto ad essi che al ‘Capitale’, si direbbe che ripeta psicologicamente e intellettualmente le fasi di uno sviluppo ideologico europeo, per quanto questo sia storicamente possibile nelle diverse condizioni; o meglio che riprenda, più o meno inconsapevolmente, e filtrati attraverso esperienze culturali e storico-politiche diverse, i motivi e le aspirazioni di quel socialismo europeo di tipo idealistico popolare (Proudhon, Herzen, ecc.) che aveva avuto scarso riscontro in Italia; dove era mancata, o era limitata e superficiale la fase, per così dire, del socialismo nazional-popolare, prima di quella caratterizzata ideologicamente dell’evoluzionismo positivista” (pag 180); “La prospettiva che Engels aveva additato come il termine del processo rivoluzionario: il dissolversi del regno della necessità in quello della libertà, è, per Gramsci, già un processo storico in atto. E questo, in una visione idealistica della storia che ha non pochi tratti di stampo utopistico, e un afflato e uno slancio di idealistica esaltazione, che esprime pià la virtù operante in lui di un mito intellettuale, che la meditata riflessione dello storico o la realistica analisi del politico. Come risulta anche dall’articolo dedicato all’opera di Lenin, scritto in occasione dell’attentato contro di lui della socialista rivoluzionaria Fanja Kaplan il 30 agosto 1918. Anche in quell’articolo Gramsci ribadisce «il carattere essenzialmente democratico dell’azione bolscevica» e di Lenin, accusato a torto di essere un dittatore da coloro che non riescono a comprendere quanto sia «difficile il compito dei rivoluzionari appena divenuti gestori della responsabilità sociale». Mentre per Gramsci, Lenin è un saggio ed un esempio di carattere morale. «Lenin è il freddo studioso della realtà storica, che tende organicamente a costruire una società nuova su basi solide e permanenti… è il rivoluzionario che costruisce senza farsi illusioni frenetiche, ubbidendo alla ragione e alla saggezza». «Egli, il ‘fanatico, l’utopista’, sostanzia il suo pensiero e la sua azione, e quella del partito, unicamente sulla profonda e incoercibile realtà della vita moderna», non sui fenomeni superficialmente vistosi che hanno condotto sempre i socialisti ad errori e sconfitte. «Lenin ha consacrato tutta la sua vita allo sviluppo della organizzazione e alla diffusione delle idee socialiste in Russia è immenso. Uomo di pensiero e di azione trova la sua forza nel carattere morale». (…) Gramsci (…) conosce poco in questo periodo la situazione politica concreta in cui opera la rivoluzione bolscevica, e conosce anche poco delle idee e dei criteri d’azione dei bolscevichi russi e di Lenin, malgrado gli aiuti e i suggerimenti del «compagno polacco». È certo che egli non conosceva (come ha ricordato Togliatti) l’opera di Lenin, ‘Lo sviluppo del capitalismo in Russia’, a proposito della quale polemizzava contro Achille Loria. Nell’esaltare l’opera di pensiero e di azione di Lenin non citava direttamente, né faceva riferimento, diretto o indiretto, ad alcuno dei suoi più importanti scritti, dal ‘Che fare?’ a ‘Stato e Rivoluzione’, alle altre opere teoriche e politiche fondamentali, che certamente non conosceva direttamente; mentre conosceva, e del resto anche questi solo in parte, gli scritti dedicati alla lotta immediata” (pag 245-246) [Salvatore Francesco Romano, ‘Antonio Gramsci’, Utet, Torino, 1965] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]