“Benjamin non è però stato il primo a giocare sull’ambiguità del termine ‘Schuld’ (colpa, debito…, ndr). Nella seconda dissertazione della ‘Genealogia della morale’ (1887), intitolata “Colpa’, ‘Cattiva coscienza’ e simili”, già Nietzsche afferma che il “basilare concetto morale di ‘colpa’ (Schuld) ha preso origine dal concetto molto materiale di ‘debito’ (Schulden) (33) e riconduce genealogicamente l’origine dei concetti morali di colpa, coscienza e dovere alla sfera del diritto delle obbligazioni. È “il rapporto contrattuale tra ‘creditore e debitore’, che è tanto antico quanto l’esistenza di ‘soggetti di diritto'”, che sta alla base della costruzione normativa dell’etica occidentale, “e rimanda ancora una volta, dal canto suo, alle forme fondamentali della compera, della vendita, dello scambio, del commercio” (34). Il senso di colpa sarebbe quindi la condizione di chi si sente in debito. Inoltre, Nietzsche mette in relazione la grandezza del concetto di dio e della divinità con il “senso di debito (Schulden)” nei confronti della divinità, al punto che “l’avvento del Dio cristiano, in quanto massimo dio che sia stato fino ad oggi raggiunto, ha portato perciò in evidenza, sulla terra, anche il ‘maximum’ del senso di colpa/debito (Schuldgefühl)” (35). Ma già vent’nni prima Marx aveva dedicato un intero capitolo del primo libro del ‘Capitale’ (1867) – il ventiquattresimo e penultimo capitolo sulla “cosiddetta accumulazione originaria”, che alcuni definiscono appropriatamente ‘Schuldkapitel’ (36) – alla centralità del concetto di ‘Schuld/Schulden’ nel capitalismo, giocando anch’egli sull’ambiguità del termine. Ciò che rende il denaro “capitale”, cioè denaro che utilizza se stesso e si moltiplica, è per Marx il “debito pubblico”: «Il debito pubblico (…) imprime il suo marchio nell’era capitalistica. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è … il loro debito pubblico. Di qui, con piena coerenza, viene la dottrina moderna che un popolo diventa tanto più ricco quanto più a fondo s’indebita (sich verschuldet). Il credito pubblico diventa il ‘credo’ del capitale. E col sorgere dell’indebitamento dello Stato (Staatsverschuldung), al peccato contro lo spirito santo, che è quello che non trova perdono, subentra il mancar di fede al debito pubblico (Staatsschuld) (37)». Come nota Hamacher, con questa metamorfosi strutturale dal credito secolare-economico a credo sacramentale Marx fornisce la diagnosi della trasformazione del capitalismo in fenomeno religioso (38). Inoltre, come Nietzsche, e anticipando in un certo senso Max Weber, Marx mette il Dio cristiano al centro di questa trasformazione: “Il ‘cristianesimo’, col suo culto dell’uomo astratto, e in ispecie nel suo svolgimento borghese, nel protestantesimo, deismo, ecc:, è la ‘forma di religione’ più corrispondente” a una società di produttori di merci (39). È ipotizzabile che Benjamin conoscesse queste due fonti, almeno di seconda mano (40). E tuttavia proprio Nietzsche e Marx, con l’aggiunta di Freud, sono bollati nel frammento banjaminiano come “gran sacerdoti” del culto capitalista” (pag 21-23) [Walter Benjamin, ‘Capitalismo come religione’, Il Melangolo, Genova, 2018] [(33) F. Nietzsche, ‘Genealogia della morale’, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Mondadori, Milano, 1988 pag. 46; (34) Ibid. p. 47: (35) Ibid. p. 73; (36) Hamacher, “Schuldgeschichte”, cit., Stimilli, ‘Il debito del vivente’, cit., pag 219; (379 K. Marx, ‘Il Capitale. Critica dell’economia politica’ trad.it, a cura di Delio Cantimori, Ed. Riun., Roma, 1989, vol 1., p. 817; (38) Hamacher, “Schuldgeschichte”, cit., Stimilli, ‘Il debito del vivente’, cit., pag 97. Hamacher mette poi in relazione questo passo con un passo del capitolo “La formula generale del capitale” sul concetto di valore: (…); (39) Marx, Il Capitale, cit., vol 1, p. 111. A questa genealogia della colpa/debito va aggiunto Adam Müller (1779-1829), scrittore romantico cattolico e conservatore, che Benjamininclude nella lista bibliografica del frammento. (…); (40) Sul ‘milieu’ culturale in cui si muoveva Benjamin in questi anni si veda il saggio di Steiner già citato: “Der wahre Politker”. A proposito del passo di Marx dal capitolo sulla “cosiddetta accumulazione originaria”, sempre Steiner (“Kapitalismus als Religion: Anmerkingen zu einem Fragment Walter Benjamin”, cit., p. 161) nota che Benjamin poterebbe aver letto riferimenti ad esso nelle ‘Riflessioni sulla violenza’ di Georges Sorel, che analizza brevemente questo capitolo – anche se non cita esplicitamente questo passo – nelle paginesubito precedenti a quelle che Benjamin cita in “Capitalismo come religione”. Cfr. G. Sorel, ‘Riflessioni sulla violenza’, trad.it. Maria Grazia Meriggi, Bur, Milano, 1997, pp. 213 seg.]