“La validità del postulato (noto come «legge di Say») fu sostenuta con convinzione da Ricardo che negò la possibilità che si verificassero crisi di sovrapproduzione generale («general gluts») in seno all’economia. Mill accettò la «legge di Say» con altrettanta convinzione e negò ogni coerenza a quegli economisti che cercavano di criticarla. Tuttavia, di nuovo, nella sua esposizione della «legge», Mill aprì delle «falle» che consentono di arrivare a conclusioni analitiche radicalmente diverse da quelle sostenute da Ricardo. (…) Lo stesso Mill spiegò le crisi commerciali facendo ricorso al concetto di tesaurizzazione. Per Mill non erano probabili crisi generali di sovrapproduzione, ma erano possibili quelle che chiamava «crisi commerciali», generate fondamentalmente da ondate speculative e favorite dal sistema creditizio. Quando si generano aspettative di rialzo dei prezzi, i commercianti aumentano il più possibile le loro scorte in vista di guadagni futuri; la loro domanda è accresciuta dalla possibilità di accedere al credito. Ciò fa sensibilmente aumentare i prezzi. Ma a un certo stadio del processo i prezzi cominceranno a diminuire perché gli speculatori cominceranno a vendere le scorte accumulate per realizzare i loro guadagni (cfr. ‘Principi’, p. 737). In una situazione di calo dei prezzi tutti però vorranno vendere per evitare perdite future e nessuno vorrà acquistare. La domanda di moneta da tenere inattiva è assai alta mentre ristagna la domanda di merci (cfr. ‘Principi’, p. 776). La spiegazione di Mill della dinamica delle crisi commerciali è debole; infatti resta non chiaro perché dovrebbero generarsi ondate speculative e perché, a un certo punto, esse dovrebbero bruscamente invertire di tendenza: le sole vendite di realizzo non sembrano sufficienti a giustificare l’inversione di rotta del processo fino a giungere a una crisi. Resta però il fatto importante che Mill intravide la relazione esistente tra domanda di moneta (da tesaurizzare) e domanda effettiva. Nell’esposizione di Mill della «legge di Say» la «falla» è proprio rappresentata dall’aver ammesso che la moneta può essere tesaurizzata. In questa «falla» si inserirà, non molti anni dopo, Marx, che non solo sosterrà che le crisi di sovrapproduzione sono possibili, ma che sono inevitabili in un’economia capitalistica. Per Marx la possibilità delle crisi dipende dalla possibilità di tesaurizzare moneta; le crisi avvengono concretamente non in conseguenza di generiche ondate speculative, ma perché l’economia tende periodicamente a far crescere le sue capacità produttive a livelli incompatibili con la sua capacità d’acquisto, che resta limitata dalle relazioni che regolano la distribuzione del reddito tra profitti e salari. Marx non riconobbe a Mill il «merito» di essere stato incoerente nell’esporre la «legge di Say». Molto tempo dopo, un altro grande economista, Keynes, si inserì in quella stessa «falla» aperta da Mill per spingere le sue conclusioni analitiche oltre quelle di Marx. Ma anche Keynes non riconobbe a Mill alcun «merito», anzi egli, nella ‘Teoria generale’, riporta un passo dei ‘Principi’ ad esempio di esposizione chiara e non ambigua della «legge di Say»” (pag 160-161) [Claudio Sardoni, “Principi di economia politica”, Mondo Operaio, Roma, n. 5 maggio 1985]