‘Per trovare risposta all’interrogativo che espone l’autrice a un serrato confronto con l’opera marxiana bisogna spostarsi nella terza parte dell’ ‘Accumulazione del capitale’, la meno scolastica, stando al giudizio dell’economista harvardiano Paul M. Sweezy, che ha scritto nel 1958 un’ancora utile introduzione al libro, mettendo in evidenza la sua impalcatura logica, poco gravata dal contesto di polemica politica in cui suo malgrado pure si inserì. Questa sezione è dedicata, infatti, alla risoluzione della “difficoltà inaspettata” – enunciata da Rosa nell’avvertenza al libro (48) – a render conto del processo di accumulazione del capitale nel quadro della “situazione capitalistica pura” ipotizzata da Marx: si intitola ‘Le condizioni storiche dell’accumulazione’ e rappresenta il contributo più notevolmente critico di Rosa Luxemburg alla storia degli studi marxisti e socialisti in generale. Il punto di partenza è costituito dall’insufficienza dello schema della società marxiana organizzata in due classi, la capitalistica e la lavoratrice, con l’aggiunta di una “appendice” non capitalistica né produttiva ma riferibile alla prima classe. Perché la società marxiana – che è uno schema astratto – genererebbe contraddizioni nella spiegazione dei processi di accumulazione? Perché, commenta Rosa, non sarebbe “minimamente visibile per chi, per quali nuovi consumatori, la produzione sempre più si allarghi” (49): se, infatti, il consumo venisse “assorbito” interamente dalle due classi (per il loro mantenimento e sotto forma di mezzi di produzione nei quali reinvestire il plusvalore realizzato), come si produrrebbe quell’ampliamento della riproduzione che genera l’accumulazione? “Per chi producono i capitalisti, se e in quanto non consumano essi stessi ma ‘si astengono’, cioè accumulano?” (50). Nel “magazzino generale delle merci capitalistiche” c’è un altro prodotto, la vera fonte dell’accumulazione, destinato a clienti che non sono capitalisti né salariati (51). La risposta all’interrogativo va cercata nell’analisi delle periodiche crisi del sistema capitalistico: qui soltanto, e soprattutto nei loro esiti catastrofici che espongono il capitalismo al limite estremo, si vede chiaramente, secondo Luxemburg, che quell'”appendice” marxiana della società rappresenta propriamente un “terzo ramo” sociale, certamente non capitalistico, come diceva Marx, ma tale da costituire l'”ambiente”  da cui il capitalismo tra origine e sussistenza: è a esso che si aggrappa per sopravvivere. La tesi luxemburghiana relativamente ai processi di accumulazione nell’ambito del sistema capitalistico tiene dunque conto di un’organizzazione sociale in cui agiscono, come fattori determinanti, “varianti non capitalistiche” (52). La genesi dell’economia capitalistica va cercata nel contesto di lotta contro le economie naturali, mercantili e contadine: di esse il capitalismo ha bisogno per strutturare dialetticamente se stesso. Il punto è che, una volta fagocitato questo “contorno”  pre-capitalistico che lo ha reso possibile, dal momento che è in questi settori non capitalistici della società che si genera il processo di accumulazione, non potendo più accumulare se essi vengono a mancare, il capitalismo si trova esposto a un grave rischio di sopravvivenza. «L’impossibilità dell’accumulazione significa, dal punto di vista capitalistico, l’impossibilità di un’ulteriore espansione delle forze produttive , e perciò la necessità storica obiettiva del tramonto del capitalismo. Di qui il moto contraddittorio della fase ultima, imperialistica, come conclusione della parabola storica del capitale» (53). La contrazione della “piccola Europa”, sempre più ridotta a “provincia”, non soddisfa più la fame di plusvalore illimitato: il capitalismo parte all’assalto del globo intero, “fruga” in ogni angolo della terra alla ricerca di nuovi ambienti non ancora contaminati da fagocitare e assorbire nella propria sfera d’influenza. Le manifestazioni di “commercio globale” (sistema di prestiti esteri, costruzione di ferrovie, guerre e rivoluzioni) sono all’origine dell’imperialismo e dei suoi annessi come il protezionismo e il militarismo. «L’imperialismo è l’espressione politica del processo di accumulazione del capitale nella sua lotta di concorrenza intorno ai residui di ambienti non-capitalistici non ancora posti sotto sequestro. (…) con quanta maggiore energia, potenza d’urto e sistematicità l’imperialismo opera all’erosione delle civiltà non-capitalistiche, tanto più rapidamente toglie il terreno sotto i piedi all’accumulazione del capitale. L’imperialismo è tato un metodo storico per prolungare l’esistenza del capitale, quanto il più sicuro mezzo per affrettarne obiettivamente la fine. (…) Il capitale non soltanto nasce “sudando da tutti i pori sangue e fango”, ma s’impone gradatamente come tale in tutto il mondo e così prepara, fra convulsioni sempre più violente, il proprio sfacelo» (34). Il libro e la sua tesi, tranne qualche eccezione, come l’entusiastico giudizio di Julian Marchiewski-Karski e Franz Mehring, che definisce Rosa la “testa più geniale che sia comparsa finora tra gli eredi scientifici di Marx ed Engels” (55), non ottengono consenso nel movimento socialista europeo: si consolida anche su questo aspetto la leggenda di Rosa Luxemburg come “donna dai molteplici errori”” (pag 104-109) [note: (48) Così scrive Luxemburg, ‘Avvertenza’ a Ead. ‘L’accumulazione del capitale’, cit., p. 3: “Lo spunto al presente lavoro mi è stato dato da un’introduzione in forma popolare all’economia politica che andava da tempo preparando (…). Rimessami al lavoro nel gennaio di quest’anno [1912], dopo le elezioni al Reichstag, col proposito di concludere almeno nelle grandi linee quella volgarizzazione della dottrina economica marxista, mi trovai di fronte a una difficoltà inaspettata: non riuscivo a presentare con sufficiente chiarezza il processo d’insieme della produzione capitalistica nei suoi rapporti concreti e nei suoi limiti storici obiettivi. A un esame più attento, dovetti convincermi che non si trattava di una semplice questione di esposizione, ma di un problema connesso, sul piano teoretico, al contenuto del II libro del ‘Capitale’ e, nello stesso tempo, alla prassi dell’attuale politica imperialistica nelle sue radici economiche”; (49) Ivi, p. 322; (50) Ivi, p. 327; (51) Ivi, p. 479; (52) Ivi, p. 345; (53) Ivi, p. 416; (54) Ivi, pp. 447 e 454; (55) Il giudizio è espresso in un articolo di Mehring pubblicato sulla “Neue Zeit” nel luglio 1907 e aggiunge che le “canzonature” di Luxemburg “hanno in ultima analisi radice solo nel fatto che è una donna ad avere questa testa sulle spalle”. La citazione è tratta da P. Frölich, op. cit., p. 173] [Hannah Arendt, Rosa Luxemburg, Mimesis, Milano, 2022]