“La proprietà privata ci ha resi così stupidi e limitati, che un oggetto è ‘nostro’ unicamente quando è nelle nostre mani, quando esiste per noi come capitale o quando l’abbiamo in possesso immediato, quando lo mangiamo, lo beviamo, lo portiamo sul nostro corpo, lo abitiamo ecc., in breve quando lo consumiamo. Sebbene la proprietà privata comprenda tutte queste immediate realizzazioni del possesso, solamente come ‘mezzi’ di sussistenza, tuttavia la vita alla quale servono da mezzo è ‘la vita della proprietà privata’ – il lavoro e la capitalizzazione. Di conseguenza, al posto di ‘tutti’ i sensi fisici e intellettuali c’è la semplice alienazione di ‘tutti’ questi sensi, cioè il senso del ‘possesso’. L’essere umano doveva essere ricondotto a questa assoluta povertà, in modo da far nascere da lui stesso la propria ricchezza interna. (Sulla nozione dell”avere’, vedi Moses Hess in ‘Le ventun foglie’). L’abolizione della proprietà privata porterà dunque la totale ‘emancipazione’ di tutti i sensi e di tutte le capacità umane; ma essa è questa emancipazione proprio perché questi sensi e queste capacità sono diventati umani, tanto oggettivamente che soggettivamente. L’occhio diventa occhio ‘umano’ quando il suo ‘oggetto’ diventa un oggetto sociale, ‘umano’, che viene dall’uomo e va all’uomo. Da allora i sensi sono diventati ‘teorici’ nella loro azione immediata. Si rapportano all’oggetto, nel fine dell’oggetto mentre l’oggetto stesso è diventato un rapporto umano oggettivo di fronte a se stesso e all’uomo, e inversamente (1)”. Il bisogno o il godimento hanno perduto per questo fatto la loro natura ‘egoistica’, e la natura ha perduto la sua ‘pura umiltà’, nel momento in cui l’utile è divenuto utile ‘umano’ (pag 101-102) [K. Marx F. Engels, ‘Scritti sull’educazione’, Edizioni Il Formichiere, Milano, 1976] [(1) Nella pratica posso rapportarmi umanamente all’oggetto solo se l’oggetto si rapporta umanamente all’uomo]