“La questione, se la Comune sia stata una rivoluzione socialista è stata nuovamente discussa di recente, nei suoi diversi aspetti. Sia che la Comune venga commisurata alla teoria socialista nell’ambito della I Internazionale, sia che si guardi come ha risposto ai criteri del «socialismo economico» nella società odierna, sia che il suo carattere socialista venga valutato solo in base ai provvedimenti presi, la risposta è sempre la stessa: si trattava di un socialismo «del suo tempo» e a «suo modo». Nonostante questa discussione sia rimasta molto vaga nel suo giudizio finale, tuttavia pochissimi dubbi sono sorti riguardo alla fondamentale differenza esistente fra il «socialismo del 1871» e le «aspirations sociales de la sans-culotterie parisienne» (99). Lo stesso passatista Rougerie aderisce in questo punto all’interpretazione di Marx. Riguardo al decreto della Comune del 16 aprile, che decideva l’espropriazione degli stabilimenti e delle fabbriche abbandonate dai loro proprietari e la ripresa della produzione da parte delle associazioni operaie, menziona «la guerra civile», là dove Marx dice che la Comune mirava alla «espropriazione degli espropriatori » e chiede poi: «N’est-ce pas l’interprétation la plus exacte de l’esprit du décret du 16 avril?» (100). Chi ritiene di poter provare il «carattere socialista» della Comune in base a questo decreto o a qualche altro provvedimento, non può assolutamente riferirsi per questo a Marx; ciò infatti significa espressamente che «pochi provvedimenti della Comune che essi (alcuni amici altezzosi della classe operaia) ritengono “socialisti”… non hanno niente di socialista se non la loro tendenza» (101). Si dovrebbe finalmente abbandonare l’idea di definire la Comune secondo i momenti «socialisti» poiché i comunardi erano ben lontani dall’utopia del socialismo realizzato nelle città, ma vedevano la loro lotta come una tappa in uno scontro di lunga durata. Un inquadramento storico della Comune ci sembra possibile solo se – come Marx – ci si chiede verso cosa fosse orientata «la tendenza» e cosa vi fosse di essenzialmente nuovo in essa. Se la questione viene posta in questi termini, risulta evidente la concordanza fra l’interpretazione dei contemporanei e la moderna, fra quella degli avversari e quella dei partigiani della Comune, su un punto decisivo: «La Comune (ossia ‘le Conseil de la Commune’) è in effetti la prima irruzione di un potere operaio nella nostra storia» (102). Proprio come rivoluzione operaia, come azione autonoma della classe operaia, la Comune parigina rappresenta la svolta decisiva nella storia del movimento operaio europeo del secolo scorso (103). Suona perciò falso dire: «La Comune non è che l’ultima rivoluzione del XIX secolo, punto ultimo e finale delle gesta rivoluzionarie francesi del XIX secolo. Crepuscolo, non aurora» (104). Ciò è difficilmente accettabile se si approfondisce il «carattere di classe della repressione che colpì innanzitutto gli operai» (105). La «semaine sanglante» non è «crepuscolo» della carneficina di giugno, è la «aurora» dei massacri di massa del proletariato del XX secolo. (106)” [Volker Hunecke, ‘La comune di Parigi del 1871’, ‘Primo Maggio’, Milano, N. 2. 1973-1974] [(99) Cfr. Soboul, ‘Les sans-culottes’, cap. II. Quando Rougerie, ‘Paris libre’, a p. 224 afferma che «tout autant que ses aspirations politiques, la mentalité; les conduites, les aspirations sociales de l’insurgé de 1871 rappellent étonnament celles de la sans-culotterie», si contraddice patentemente con gli stessi risultati della sua ricerca; (100) Cfr. Rougerie, ‘Paris libre’, p. 183; IRSH 1972, pp. 75-6 e CERM, 100 ans après la Commune’, pp. 149-50; (101) Marx, Prima stesura de ‘La guerra civile in Francia’ (v. nota 23), p. 556-7; (102) Labrousse in CERM, ‘100 ans après la Commune’, p. 181; cfr. del medesimo in MS 79, p. 83 e di E. Schulkind, l’introduzione a ‘The Paris Commune. The View from the Left’, Jonathan Cape, London, 1972, pp. 31 e 51. Sul come gli osservatori contemporanei di opposte tendenze abbiano quasi unanimemente giudicato il 18 marzo come una rivoluzione operaia cfr. p. es. la lettera di Lavrov citata alla nota 30 dell’IRSH 1972, p. 451 e l’articolo del “Times” di Londra del 29 marzo 1871, citato da Edwards, op. cit., p. 249; (103) Cfr. p. es. G. Haupt, ‘La Commune comme symbole et comme exemples’; in MS 79, p. 209: «A travers le prisme de l’insurrection parisienne naît une nouvelle conscience historique. La Commune apporte aux militants en quête de références la confirmation que le prolétariat est le vecteur de l’Histoire vers la Révolution sociale, qu’il peur conquérir le pouvoir, constituer un gouvernement ouvrier, bref, qu’il est volonté d’assumer l’avenir»; (104) Rougerie, ‘Procès de communards’, p. 241; malgrado certe attenuazioni successive Rougerie si attiene ancora a questo giudizio (cfr. ‘Paris libre’, p.245 sgg. e IRSH 1972, pp. VI-VII e nota 2); (105) Ciò che Gossez, ‘Diversité des antagonismes’ ecc., p. 455, ha detto a proposito del 1848 vale non meno per il 1871] [(nota 23) K. Marx, seconda stesura de ‘La guerra civile in Francia’, in K. Marx F. Engels, ‘Werke’, vol. 17, Berlin, 1962, p. 582; cfr. la prima stesura ivi a p. 497-8. ‘Nella spiegazione delle cause oggi non si può più seguire Marx, secondo cui risiederebbe nella brama d’arricchimento personale di Thiers’ (nota di Hunecke)]