“Questo era il processo adombrato da Marx nella prefazione al ‘Capitale’: «Il paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello meno sviluppato l’immagine del suo avvenire» (1). Il mondo in cui l’Urss intraprese l’industrializzazione era tuttavia molto diverso da quello di Marx. Non era solo la tecnica che aveva fatto progressi. L’atteggiamento dell’uomo verso la natura, e la concezione che aveva del ruolo da lui svolto nel processo economico, erano anch’essi radicalmente cambiati. Il mondo neomarxista era un mondo di autocoscienza (2). La rivoluzione russa fu la prima grande rivoluzione della storia ad essere pianificata e fatta deliberatamente. La rivoluzione inglese ricevette il suo nome ‘ex post facto’, non dai politici che l’avevano fatta, ma dagli intellettuali che teorizzarono su di essa. Gli uomini che fecero la rivoluzione francese non si proponevano di fare una rivoluzione; l’illuminismo, nelle sue intenzioni, non era un movimento rivoluzionario. Coloro che si proclamavano rivoluzionari apparvero soltanto dopo che la rivoluzione era cominciata. La rivoluzione del 1848 fu una consapevole imitazione della rivoluzione francese: questa è presumibilmente la ragione per cui Napoleone la definì una «rivoluzione degli intellettuali». Ma il suo unico effetto positivo fu quello di estendere ad alcune parti dell’Europa centrale (dove le masse contadine rappresentavano ancora una forza rivoluzionaria, cosa che avevano cessato di essere in Francia e non erano ancora diventate in Russia (3)) alcuni dei risultati della rivoluzione francese. La rivoluzione russa fu anch’essa una rivoluzione di intellettuali; ma di intellettuali che non si limitavano ad ispirarsi al passato ma programmavano il futuro, che si proponevano non soltanto di fare una rivoluzione, ma anche di analizzare e preparare le condizioni in cui essa avrebbe potuto esser fatta. È questo elemento di autocoscienza che dà alla rivoluzione russa il suo posto unico nella storia moderna. (…) (pag 20). Arriviamo così alla più caratteristica innovazione introdotta da Lenin nella teoria e nella pratica rivoluzionarie: la sostituzione del partito alla classe come forza motrice della rivoluzione. Ancora una volta Lenin si trovava formalmente d’accordo con Marx, quanto meno col giovane Marx. Il ‘Manifesto del partito comunista’ prevedeva «l’organizzazione dei proletari in una classe, e di conseguenza in un partito politico»: e Lenin, naturalmente, parlava costantemente della classe di cui il partito rappresentava la punta di lancia ovvero l’avanguardia. Ma il mutamento d’accento era marcato e corrispondeva allo spostamento dal mondo delle leggi economiche obiettive al mondo dell’azione politica intesa a plasmare e a modificare l’economia. Una classe era un gruppo economico non aggregato, senza una definizione, un’organizzazione o un programma chiari. Un partito era invece un’organizzazione politica rigidamente unita e definita da un consapevole scopo comune” (pag 27-28) [Edward Hallett Carr, ‘1917. Illusioni e realtà della rivoluzione russa’, Einaudi, Torino, 1970] [(1) Karl Marx, ‘Il capitale, libro I, vol. 1, Rinascita, Roma, 1956, p. 26; (2) I termini «autocoscienza» e «coscienza», che sono distinti nella ‘Fenomenologia’ di Hegel, sono uniti in modo interscambiabile da Marx e da Engels. Marx sembra preferire il termine «autocoscienza» nei suoi scritti giovanili, più hegeliani, e «coscienza» nelle sue opere più mature, nelle quali si preoccupava di mettere in rilievo la subordinazione della «coscienza» all’«essere»; la distinzione non è rigida; (3) Su questo punto cfr. George Lichtheim, ‘Marxism: An Historical and Critical Study’, London, 1961, p. 363)] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]