“Ciò che in primo luogo distingue Marx da tutti i pensatori anteriori, è l’indissolubile unione della teoresi e della prassi. Prima di lui i filosofi filosofavano, perché si trovavano nella condizione di filosofare più o meno tranquillamente, magari in prigione o immediatamente prima dell’esecuzione della loro condanna a morte; Marx è il primo filosofo a procedere alla constatazione lapalissiana che per filosofare bisogna avere anzitutto quant’è necessario per vivere: se non il vestiario e la casa, almeno il cibo. Prima viene cioè, come dirà Brecht, il mangiare, inteso come pura necessità animale (1) , poi viene la morale. Sterili sono quindi le filosofie che si limitano ad interpretare il mondo quale esso è; la sola vera filosofia è quella che si propone di assicurare anzitutto le condizioni necessarie per un compiuto svolgimento dell’umanità materiale ed intellettuale (e con ciò anche qualsiasi filosofia dell’avvenire) e si propone di assicurarle cambiando il mondo quale esso ora è. La conoscenza è quindi concepita in funzione strumentale, come presupposto dell’azione trasformatrice del mondo (quest’è il significato veramente rivoluzionario dell’undicesima tesi su Feuerbach); ma l’azione non è l’azione individuale egoistica, come sarà specialmente nei pragmatisti, è l’azione disinteressata volta al bene della collettività degli oppressi. Il risultato dell’azione liberatrice è a sua volta affermazione e diffusione della conoscenza, di una conoscenza che investe la totalità indivisibile della prassi e della teoresi. Le quali si completano a vicenda: la base, cioè la realtà economica, produce la soprastruttura, in questo caso la conoscenza; la soprastruttura a sua volta può e deve proporsi di cambiare la base. Più che profeta chiliasta o dantesco, Marx è un eroe prometeico del sapere e dell’agire; «la distruzione di qualsiasi Giove del passato è in lui il presupposto della creazione di un mondo nuovo dominato compiutamente ed esclusivamente dall’uomo» [Ladislao Mittner, La sinistra hegeliana – Feurbach – Marx ed Engels. Estratto da ‘Storia della letteratura tedesca III*. Dal realismo alla sperimentazione (1820-1970). Dal Biedermeier al fine secolo (1820-1890). Tomo primo’] [(1) «Fressen», per usare l’efficacissima drasticità di Brecht; § 448, n. 15]