“Non si tratta, lo ripetiamo, di competenze tecniche. (Se si dispone di dieci milioni di baionette e si è il governo di un paese di centoquaranta milioni di abitanti, è possibile assicurarsi, in un modo o in un altro, i servizi di alcuni esperti, equivalenti allo stato maggiore di una divisione). È una questione di gerarchia e di disciplina. Per quanto difficile da digerire ciò possa essere per i romantici della rivoluzione, è la robotizzazione degli uomini, il loro condizionamento da parte della tracotanza e dell'”impudenza degli ufficiali”, secondo l’espressione dello stesso Lenin, che fanno sì che una divisione possa essere battuta (battuta militarmente in una battaglia campale) da un’altra divisione, mentre milioni di uomini armati non fanno una divisione. E se furono richiamati gli ufficiali zaristi ciò non avvenne certo per il loro “sapere”, ma per il loro “fare”, per applicare, dice Lenin, una disciplina che superasse in brutalità quella del vecchio esercito zarista, con “misure rigide, severe, dure fino alla fucilazione, misure che perfino il governo precedente non aveva conosciuto (41). Occorreva, dice ancora Lenin “costringere questo esercito ad utilizzare ciò che il capitalismo ci aveva lasciato in eredità di più violento e di più ripugnante” (42). Tuttavia, tutto questo non è molto nuovo. Sarebbe stato sufficiente liberarsi da certe venerazioni superstiziose e accettare di guardare in faccia la realtà per ricordarsi che la stessa Comune, simbolo sacro dell'”eroismo” proletario, fu vinta da truppe molto inferiori numericamente. Ora, i versagliesi non erano precisamente ciò che di meglio esiste in fatto di eserciti regolari. «Mediante una parvenza di trattative di pace con Parigi, Thiers trovò il tempo di prepararsi a fare la guerra. Ma dove trovare un esercito? I resti dei reggimenti di linea erano scarsi di numero e poco sicuri; il suo appello urgente alle province di soccorrere Versailles con le loro guardie nazionali e con volontari urtò in un netto rifiuto. Solo la Bretagna mandò un pugno di ‘Chouans’ che combattevano con la bandiera bianca, ognuno con un cuore di Gesù di stoffa bianca sul petto e al grido di ‘Vive le roi!’. Thiers fu dunque costretto a mettere insieme in gran fretta un’accozzaglia variopinta di marinai, fucilieri di marina, zuavi pontifici, gendarmi di Valentin, ‘sergents de ville e mouchards’ di Pietri. Questo esercito, però, sarebbe stato impotente sino al ridicolo senza l’aggiunta di prigionieri di guerra dell’esercito imperialista, che Bismarck fornì in numero esattamente sufficiente ad alimentare la guerra civile e a tenere il governo di Versailles alle abbiette dipendenze della Prussia» (43). Ecco il ritratto che ne dà Marx. Tuttavia fu proprio questo esercito, di circa 40.000 uomini ma di cui solo una decina di migliaia parteciparono effettivamente alle operazioni quando avvenne l’attacco finale a Parigi, a battere la Guardia nazionale forte di 300.000 uomini, di cui una buona metà dei battaglioni erano composti da operai” (pag 73-74) [Arghiri Emmanuel, ‘Conquista del potere e Stato della “transizione”‘, Problemi del socialismo, Franco Angeli, Milano, n. 9, gennaio-marzo 1978] [(41) V.I. Lenin, ‘La nuova politica economica e i compiti dei centri di educazione politica’, in ‘Opere complete’, cit., vol, 33, 1967, p. 56; (42) Ch. Bettelheim (‘Le lotte di classe in Urss 1917-1923’, Milano, 1975, vol. I., p. 215) riferendosi alle “manifestazioni esteriori di rispetto” e alle “condizioni di vita (alloggiamento, vitto, ecc.) sensibilmente diverse degli ufficiali e dei soldati, ecc.” nell’Esercito rosso di quel tempo, ragiona come se queste discriminazioni non avessero altra ragion d’essere di quella di soddisfare gli imperativi dell’ideologia borghese. Egli non ritiene che tutto questo potesse avere una funzione efficace attraverso la creazione di una mistica nella quale il corpo degli ufficiali appare come una razza a parte, temibile e irresistibile, capace per ciò stesso di trascinare gli uomini e di saldarli insieme all’interno delle varie unità; (43) K. Marx, ‘La guerra civile in Francia’, in Marx-Engels, Opere scelte, Roma, 1966, pp. 920-921] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]