“Il dibattito si è chiuso con la votazione di due mozioni, la prima delle quali si può definire comunista, mentre l’altra si può chiamare «centristica» o elusiva e si può dire che difende copertamente l’alleanza (l’«unità»!) con i riformisti. La prima ha vinto e ottenuto sette voti (Terracini, Gennari, Regent, Tuntar, Casucci, Marziale e Bellone); la seconda è stata respinta (ha avuto cinque voti: Baratono, Zannerini, Bacci, Giacomini, Serrati). La prima mozione si distingue per la sua notevole chiarezza e precisione. Comincia con l’indicare che le «condizioni attuali» della lotta rivoluzionaria in Italia esigono «la più grande omogeneità» del partito. Più oltre si dice che è permesso a tutti rimanere nel partito a condizione che ci si sottometta alla sua disciplina; si riconosce che questa condizione non è stata rispettata; che è un errore aspettarsi che si sottomettano alla disciplina coloro le cui opinioni sono opposte ai principi e alla tattica della III Internazionale; che pertanto, dopo aver accettato le 21 condizioni di Mosca, bisogna procedere a un’«epurazione radicale» del partito, ‘allontanando’ gli opportunisti e i riformisti. Qui non si tratta né di nomi né di casi particolari. Qui si configura una linea politica chiara. Sono esattamente indicati i motivi della deliberazione: i fatti concreti della storia del partito in Italia, le particolarità concrete della situazione rivoluzionaria. La seconda mozione è un modello di elusività e di gretta diplomazia: accettiamo i 21 punti, ma riconosciamo che «queste condizioni possono dar luogo a interpretazioni equivoche» e che «è necessario concedere a ogni sezione dell’Internazionale comunista una libertà di valutazione politica conforme alle condizioni storiche e ai fatti concreti particolari dei paesi in questione, pur ammettendone la ratifica da parte dell’Internazionale». La risoluzione sottolinea la «necessità di conservare l’unità del Partito socialista italiano sulla base dei 21 punti». I casi particolari di violazione della disciplina devono essere severamente puniti dal Comitato centrale del partito. La mozione comunista dice: la situazione rivoluzionaria esige la più grande omogeneità del partito. Quest’affermazione è incontestabile. La mozione dei difensori dell’«unità» con i riformisti tenta invece di eludere questa verità, senza però decidersi a contestarla. La mozione comunista dice: la particolarità dell’Italia consiste nel fatto che la condizione della subordinazione dei riformisti alle decisioni del partito non è stata rispettata. Sta qui il nodo della questione. E , se le cose stanno a questo modo, tollerare che i riformisti rimangano nel partito, ‘mentre’ la situazione rivoluzionaria generale ‘si acuisce’, e si è forse già alla vigilia di battaglie rivoluzionarie decisive, non è soltanto un errore, ‘ma anche un delitto'” (pag 360-361) [V.I. Lenin, ‘A proposito della lotta in seno al partito socialista italiano’, 11 dicembre 1920, in Id., Opere XXXI, Aprile-dicembre 1920, Edizioni Lotta comunista, Milano, 2002] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]