“Solo nei liberi Stati dell’America del Nord – almeno in una parte di essi – la questione ebraica perde il suo significato ‘teologico’ per diventare una questione realmente ‘mondana’. Solo là dove lo Stato politico esiste nella sua formazione compiuta, il rapporto dell’ebreo e in generale dell’uomo religioso, con lo Stato politico, vale a dire il rapporto della religione con lo Stato, può presentarsi nella sua peculiarità, nella sua purezza. La critica di questo rapporto cessa di essere teologia non appena lo Stato cessi di comportarsi in modo ‘teologico’ nei riguardi della religione, non appena esso si comporti verso la religione come Stato, cioè ‘politicamente’. La critica diviene allora, ‘critica dello Stato politico’. A questo punto, nel quale la questione cessa di essere ‘teologica’, la critica di Bauer cessa di essere critica. “Il n’existe aux Etats-Unis ni religion de l’Etat, ni religion déclarée celle de la majorité ni prééminence d’un culte sur un autre. L’Etat est étranger à tous les cultes” (‘Marie ou l’esclavage aux Etats-Uniis etc.’, par G. de Beaumont, Paris 1835, p. 214). Vi sono infatti Stati nordamericani nei quali “la constitution n’impose pas le croyances religieuses et la pratique d’un culte comme condition des privilèges politiques” (l.c., p. 225). Tuttavia “on ne croit pas aux Etats-Unis qu’un homme sans religion puisse être un honnête homme” (l.c., p. 224). Ciononostante l’America del Nord è per eccellenza il paese della religiosità, come assicurano unanimi Beaumont, Tocqueville, e l’inglese Hamilton. Gli Stati nordamericani, del resto, ci servono solo come esempio. La questione è: come si comporta l’emancipazione politica ‘compiuta’ nei riguardi della religione. Se perfino nel paese dell’emancipazione politica compiuta noi troviamo non soltanto ‘l’esistenza’, ma l’esistenza ‘vivace e vitale’ della religione, questo fatto testimonia che l’esistenza della religione non contraddice alla perfezione dello Stato. Ma poiché l’esistenza della religione è l’esistenza di un difetto, la fonte di tale difetto può ancora essere ricercata soltanto nell”essenza’ dello Stato stesso. La religione per noi non costituisce più il ‘fondamento’, bensì ormai soltanto il ‘fenomeno’ della limitatezza mondana. Per questo, noi spieghiamo la soggezione religiosa dei liberi cittadini con la loro soggezione terrena. Non riteniamo che essi dovrebbero sopprimere la loro limitatezza religiosa, per poter sopprimere i loro limiti terreni. Affermiamo che essi sopprimeranno la loro limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni. Noi non trasformiamo le questioni terrene in questioni teologiche. Trasformiamo le questione teologiche in questioni terrene. Dopo che per lungo tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo la superstizione in storia. La questione del ‘rapporto tra l’emancipazione politica e la religione’, diventa per noi la questione del ‘rapporto tra l’emancipazione politica e l’emancipazione umana’” [Karl Marx, La questione ebraica’, in ‘Scritti filosofici giovanili’, Milano, 1998]