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“L’unità dei lavoratori viene promossa soprattutto dal sorgere di grandi centri industriali, di mezzi di comunicazione rapidi e a basso prezzo (1). La macchina a vapore svolge un ruolo decisivo nel creare queste condizioni. Il suo impiego non dipende dalle condizioni naturali, e rende possibile la concentrazione della “produzione nelle città, invece di disseminarla per le campagne come avviene con la ruota ad acqua” (2). La macchina di per sé allarga la produzione e ne abbassa il costo , abbrevia il tempo di lavoro,alleggerisce il lavoro e significa certamente la vittoria dell’uomo sulle forze naturali. Ma l’impiego capitalistico delle macchine non permette ai produttori di utilizzare a proprio vantaggio queste condizioni favorevoli, ma anzi, all’opposto, comporta conseguenze negative nei loro confronti (3). Nella produzione capitalistica non è “l’operaio ad adoprare la condizione del lavoro ma, viceversa, la condizione del lavoro ad adoprare l’operaio”, poiché questa produzione non è soltanto “‘processo lavorativo’, ma anche processo di valorizzazione del capitale” (4). Nella produzione meccanizzata questo legame innaturale trova un’espressione non solo socioeconomica, ma anche tecnica. L’uomo diventa schiavo della macchina: “Il dominio del lavoro passato sul lavoro vivente risulta vero non solo in senso sociale, espresso nel rapporto tra capitalista e operaio, ma in senso per così dire ‘tecnologico’” ((1) K. Marx F. Engels L’ideologia tedesca, p. 52; (2) Il Capitale, I, p. 419 (3) (4) Ibid. p. 486 p. 467) [A.A. Kusin, Marx e la tecnica, 1975]