“La tesi più famosa e più contestata del programma di Linz era quella dell’ “uso difensivo della violenza”, la minaccia della dittatura del proletariato concepita come risposta a ogni tentativo di instaurare una dittatura borghese. (…) La definitiva approvazione di questo passo da parte del Congresso era stata preceduta da una vivace discussione. L’ala destra, raccolta intorno a Karl Renner, rifiutò la tesi degli inconciliabili contrasti di classe, la previsione di un inevitabile uso della violenza da parte della borghesia contro la democrazia e le organizzazioni operaie, e anche la minaccia di un eventuale impiego socialista della violenza e della dittatura; in queste tesi vide un abbandono dei principi del socialismo democratico, e segnalò l’incombente pericolo che queste formulazioni fossero sfruttate demagogicamente dalla borghesia per isolare la socialdemocrazia dai ceti medi. L’ala sinistra, raccolta intorno a Max Adler, affermò e ribadì che se il concetto marxiano di “dittatura del proletariato” era stato deformato dai comunisti nel senso dell’instaurazione dell’egemonia burocratica di una minoranza sulle masse del proletariato e dei contadini, ciò non costituiva un motivo sufficiente per abbandonare tale postulato marxista. Al contrario, una “dittatura del proletariato” autenticamente marxista, nel senso di una democrazia sociale (e non soltanto politica), una dittatura della stragrande maggioranza della popolazione, della popolazione attiva, era indispensabile per la realizzazione del passaggio del capitalismo al socialismo. Nel risultato finale, la richiesta di Adler, di accogliere nel programma il concetto di “dittatura del proletariato” nel senso di un sistema statale di transizione, era stata respinta; tuttavia l’espressione “dittatura dei lavoratori” era inserita nel programma, nel senso di un periodo di transizione eventualmente inevitabile, nel caso di una guerra civile “imposta alla classe proletaria” (5). Quando, dopo gli eventi del luglio 1927, si levò più forte la voce di coloro che vedevano nell’adozione del programma di Linz, con le sue formulazioni di sinistra, e nella terminologia e agitazione radicale basate su di esse, la causa dell’evoluzione della borghesia in senso reazionario e fascista e della regressione della socialdemocrazia fino al 1934, Otto Bauer rispose: “Dal 1927 si continua a ripetere fino alla nausea: il linguaggio dei nostri oratori e dei nostri giornali ha esasperato il senso del potere dei lavoratori, e ha irritato e unito insieme i loro avversari. Il parlamentare parla, il giornalista scrive: è il loro mestiere, ed entrambi tendono a credere che il modo di parlare e di scrivere determini l’andamento della storia. Ma non sono forse strani quei marxisti che spiegano con la fraseologia ciò che è l’inevitabile risultato di una legge storica universale? (6)” [Perez Merhav, ‘Socialdemocrazia e austromarxismo’, estratto da ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale. I Dalla rivoluzione d’Ottobre alla crisi del ’29’, Torino , 1980] [(5) Marx Adler, Politische oder soziale Demokratie’, trad. it. “Democrazia politica e democrazia sociale’, Roma, 1945. Si vedano anche gli Atti del Congresso di Linz, pp. 286-92 e 308-12; Max Adler, Zur Diskussion des neuen Parteiprogramms, in “Der Kampf”, XIX, 1926, pp. 490-98; (6) Bauer, ‘Kritiker Links und Rechts’, cit. p. 445]