“Il Bund russo e la proposta leninista. Si legge in una nota allo scritto di Lenin ‘Sul diritto delle nazioni all’autodecisione’ (Edizioni in lingue estere, Mosca, 1949, p. 75, n.3): «’Bund’: Unione generale operaia ebrea della Lituania, Polonia e Russia’ (fondata nel 1897); organizzazione socialdemocratica che stava su posizioni nazionaliste e rispecchiava tendenze piccolo-borghesi nel movimento operaio. Il Bund esigeva la ricostruzione del partito su basi federative – a seconda della nazionalità – e che esso Bund fosse riconosciuto come l’unico rappresentante del proletariato ebreo. Nel 1905 avanzò la richiesta della cosiddetta “autonomia nazionale-culturale”, che Lenin caratterizzò come una richiesta nazionalista, borghese, reazionaria, che conduceva alla separazione dei proletariati delle diverse nazionalità (…). La posizione di Lenin sul problema nazionale è arcinota: nazionalismo significa ideologia borghese. Per quanto riguarda la sua polemica con il Bund (polemica che si trascina in molti suoi scritti) si può dire che rientri decisamente nella più ampia concezione di una strategia rivoluzionaria che, molto semplicemente, si rifà all’appello marxiano «Proletari di tutto il mondo unitevi». Forse ancora nel 1903 lo scontro con il Bund fa perdere di vista a Lenin la questione ebraica in generale tanto che pone l’accento sul fatto che il popolo ebraico aveva perduto già da tempo le sue caratteristiche nazionali (…). Egli si rendeva conto benissimo della situazione particolarmente difficile in cui si trovava tutto il proletariato non russo e quindi anche quello ebraico: «In Russia gli operai di tutte le nazionalità, e soprattutto quelli che non appartengono alla nazionalità russa, vivono in uno stato di oppressione economica e politica che non ha riscontro altrove. Gli operai ebrei non soffrono soltanto per la generale oppressione economica e politica che li schiaccia, come nazionalità priva di diritti, ma anche per l’oppressione che li priva degli elementari diritti civili. Quanto più gravosa è questa oppressione, tanto più forte è la necessità di realizzare l’unità profonda tra i proletari delle diverse nazionalità, perché senza unità è impossibile combattere con successo contro l’oppressione» (1). E il dopo rivoluzione del ’17 lo convinse ancora di più di questa realtà: «La maggioranza degli ebrei sono operai, lavoratori. Sono nostri fratelli oppressi come noi dal capitale, sono nostri compagni… Gli ebrei ricchi, come i russi ricchi, come i ricconi di ogni paese, uniti agli altri, opprimono, derubano gli operai e seminano la zizzania tra loro» (2). (…) Ma in sostanza il problema ebraico, riassumendo, doveva inquadrarsi in una situazione rivoluzionaria più ampia: «il marxismo mette l’internazionalismo al posto di ogni nazionalismo… riconosce pienamente la legittimità storica dei movimenti nazionali… ma affinché questo riconoscimento non si muti in un’apologia del nazionalismo occorre che esso si limiti strettamente a quanto di progressivo v’è in questi movimenti – questo riconoscimento non dovrà mai oscurare la coscienza del proletariato con l’ideologia borghese» (…)” (pag 79, 81-83) [(1) Lenin, Opere vol. VIII, p. 457; (2) Citato da Poliakov, ‘Dall’antisionismo all’antisemitismo’, La Nuova Italia, Firenze 1971, p. 21; (3) Lenin, ‘Note critiche sulla questione nazionale’, 1913] [Appendice di Ugo Caffaz: “Pubblichiamo qui di seguito quattro prese di posizione di Trockij durante gli ultimi anni della sua vita, che esprimono il suo punto di vista sulla questione ebraica. La prima è sotto forma di intervista concessa ai corrispondenti della stampa ebraica al suo arrivo in Messico. La seconda è uno stralcio dell’articolo ‘Termidoro e antisemitismo’ scritto nel ’37. La terza è una lettera che Trockij indirizzò agli ebrei minacciati dalla crescente ondata di antisemitismo e fascismo negli Stati Uniti, invitandoli a sostenere la lotta rivoluzionaria della Quarta Internazionale, come unica via per la loro salvezza. La quarta è tratta dagli archivi di Trockij. (…) [Un brano dalla parte terza]: ‘La Palestina appare un tragico miraggio, il Birobidjan una farsa burocratica. Il Cremlino si rifiuta di accettare profughi. I congressi «antifascisti» di vecchie signore e giovani ambiziosi non hanno la minima importanza. Ora più che mai il destino del popolo ebraico – non solo in senso politico, ma anche in senso fisico – è legato indissolubilmente alla lotta di liberazione del proletariato internazionale. Soltanto un’audace mobilitazione dei lavoratori contro la reazione, la creazione di milizie operaie, l’immediata resistenza fisica alla bande fasciste, aumentando la fiducia in se stessi, l’attività e l’audacia da parte di tutti gli oppressi, può provocare un cambiamento nel rapporto di forze, fermare l’ondata di fascismo che investe il mondo e aprire un nuovo capitolo nella storia dell’umanità. (…)’ (pag 107-108)] [Ugo Caffaz, ‘Le nazionalità ebraiche’, Vallecchi, Firenze, 1974] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]