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“”Religione ed economia” è un tema che tempo addietro sarebbe suonato assai strano. (…) Kingsley, Maurice, Carlyle alzarono la bandiera di una riforma cristiana della società; e ad essi fece seguito, in Germania, il socialismo cristiano di Stöcker e di Friedrich Naumann. Ma neppure questo, è il senso del tema, quale oggi lo poniamo. Con questo tema si allude a una questione puramente teorica di storia della religione e di storia della cultura – per lo più designata erroneamente come materialismo storico – che dalle grandi opere di Karl Marx si è diffusa a tutte le concezioni storiche dell’epoca. Essa era  stata già proposta da qualche storico, come per esempio Karl Nitzsch, e aveva trovato rispondenza in particolare nella storia politica e nella storia del diritto. Essa non ha quindi nessuna connessione necessaria con il vero e proprio sistema del socialismo. Si tratta, in verità, di una questione che in parte è scaturita dall’affinamento e dall’ampliamento avvenuto nella ricerca delle relazioni causali nella storia, e in parte ci è imposta dalle influenze della struttura economica complessiva – ovunque percepibili nella nostra esperienza odierna. Nella storia politica essa è diventata oggi ovvia. Ma il suo significato è molto più profondo. La connessione con i fondamenti economici risulta particolarmente chiara soltanto nella storia politica e nella storia del diritto. Ma essa sussiste di fatto anche nel campo della cultura spirituale fino ad arrivare al suo centro, cioè alle intuizioni religiose e metafisiche del mondo. Essa è in massima parte una connessione inconscia e non intenzionale, ma le connessioni di questo genere sono appunto le più forti e durature nella vita dello spirito. Proprio in questo Karl Marx non ha imparato invano dalla fine arte di Hegel, che con straordinaria acutezza sapeva portare alla luce gli intrecci e le mescolanze del complesso dei contenuti dell’anima, e ricostruire le forze fondamentali di quelle mescolanze. Non c’è dubbio che proprio una attenzione maggiore a queste connessioni sia in grado di gettare moltissima luce sulla comprensione della religione come potenza pratica della vita. Forse non si esagera se si afferma che soltanto in questo modo diventa possibile una comprensione reale della religione e del suo significato per la vita. Con ciò perviene alla coscienza un aspetto  di essa che naturalmente agiva anche prima di questa chiarificazione teoretica, ma che si sottraeva alla coscienza scientifica, e se ne sottrae in gran parte anche oggi. Finora la concezione della religione era, soprattutto tra i Protestanti, puramente ideologica e dogmatica. I Cattolici avevano una comprensione più profonda almeno per il suo aspetto culturale e organizzativo. Il culto e l’elemento irrazionale in essa presenti sono stati sottolineati in misura sempre più forte dalla ricerca etnografica, e in tal modo è stata sempre più delimitata l’intuizione puramente ideologico-dogmatica dell’oggetto. Ma la stretta connessione con la vita sociale e – poiché questa è in gran parte condizionata da motivi economici – anche con la vita economica è stata considerata troppo poco. Fa eccezione qui soltanto la brillante opera di Fustel de Coulanges (1), ‘La cité antique’, apparsa nel 1864, che però non ha avuto il seguito che avrebbe meritato. Soltanto la storia socialistica della cultura e le influenze da essa derivanti hanno recato il problema a un più ampio – anche se non si può ancora dire più generale – riconoscimento” [Ernst Troeltsch, Religione, economia e società][(in) Pietro Rossi  a cura, Lo storicismo tedesco, Torino, 1977] [(1) Numa-Denis Fustel de Coulanges (1830-1889), storico francese, autore de ‘La cité antique’ (1864), della ‘Histoire des institutions politiques de l’ancienne France (1875), poi rielaborata in una successiva edizione in tre volumi (…)]