“E’ tuttora enorme il cantiere di riferimento rivoluzionario nei discorsi come nelle dottrine politiche, fino al recente passato o anche fino ad oggi. All’argomento sono state dedicate alcune monografie (si vedano, recentemente, gli studi pubblicati sulla Rivoluzione francese nel pensiero di Marx, tanto da parte di F. Furet, quanto a seguito del convegno tenutosi a Parigi nel 1985 per iniziativa dell”Institut de recherche marxiste’). Nell’impossibilità di trattare il problema nella sua vastità, si è tentati di assumere a titolo dimostrativo la fortuna storica di alcune parole-chiave o riferimenti storici: ad esempio il concetto di “giacobino” e di “giacobinismo” che attengono sicuramente ad uno dei temi più sensibili in quanto chiamano in causa tutta la specificità dell’organizzazione rivoluzionaria sperimentata dalla Rivoluzione. Da Michelet, che vi vede uno strumento inquisitorio e dittatoriale, così come Quinet, anche se in termini differenti, a Louis Blanc o a Jaurès che ne giustificano la necessità, il dibattito attraversa la riflessione in Francia fino ai giorni nostri. Esso ha trovato un’eco nel pensiero internazionale, e si può seguire, da Marx a Gramsci passando per Lenin, l’evoluzione del concetto di “giacobino” (Marx, febbraio 1848: “Ci sono nella storia analogie sorprendenti. Il giacobino del 1793 è diventato il comunista dei giorni nostri”)” [Michel Vovelle, Battaglie per la Rivoluzione francese, Edizioni Pantarei, Milano, 2014]