“Dal 1863 Marx vide la sua biblioteca ingrandirsi notevolmente. Ai 350 libri che Engels gli regalò in quell’anno, si devono aggiungere i quasi 800 libri che il suo buon amico Wilhelm Wolff (che morì a Manchester e al quale Marx dedicò la sua opera ‘Il capitale’) gli regalò per decisione testamentaria. Questo materiale, insieme ai testi che consultava nel British Museum, lo aiutava in parte a portare a compimento il lavoro teorico che si era imposto e lo ossessionava: poter mandare in stampa la sua opera più importante. Il 15 agosto 1863 scrisse a Engels: “Il mio lavoro (il manoscritto per la stampa) procede bene, sotto un certo punto di vista. Con l’ultima elaborazione le cose prendono, mi sembra, una sopportabile forma ‘popolare’, astraendo da alcune inevitabili D-M e M-D”. Sappiamo che in quel periodo Marx stava scrivendo qualcosa che assomigliava molto al testo definitivo del libro I, capitolo 2, che, tuttavia, era molto lontano dall’essere pronto per la pubblicazione, tant’è che quel testo (del ‘Manoscritto del ’63-’65’) non venne mai inviato alla stampa. E ciò è dovuto ad uno scrupolo scientifico che evidenzia la serietà con la quale Marx ha sempre affrontato il suo lavoro: “Non posso decidermi (scrive a Engels due anni dopo, il 31 luglio 1865, mentre terminava di scrivere le ultime pagine dei ‘Manoscritti’ sopra citati) a licenziar qualche cosa prima che il tutto mi stia dinanzi. ‘Whatever shortcomings they may have’ (Quali siano i difetti che possono avere), questo è il pregio dei miei libri, che costituiscono un tutto artistico, cosa raggiungibile soltanto col mio sistema di non farli mai stampare prima che io li abbia ‘completi’ davanti. Ciò è impossibile col metodo di Jacob Grimm e va generalmente meglio per scritti che non siano articolati dialetticamente”” [Enrique DUSSEL, L’ultimo Marx, 2009]