“Marx non si abbandonò alla saggezza di quei saccenti che hanno paura di valutare la ‘tecnica’ delle forme estreme della lotta rivoluzionaria. Egli tratta proprio di questioni ‘tecniche’ della insurrezione. Difesa o attacco? – chiede, come se si trattasse di operazioni militari alle porte di Londra. E decide: assolutamente l’attacco, “‘occorreva marciare subito su Versailles…'”. Ciò fu scritto nell’aprile 1871, poche settimane prima del grande maggio insanguinato… “Occorreva marciare subito su Versailles” per gli insorti che si erano accinti alla “folle” (settembre 1870) impresa di dare l’assalto al cielo. “Non si dovevano prendere le armi” nel dicembre 1905 per difendersi con la violenza contro i primi tentativi di carpire le libertà conquistate…”. Davvero, non per nulla Plechanov si paragonava a Marx! “Secondo errore” continua Marx nella sua critica ‘tecnica’, “il Comitato Centrale” (la ‘direzione militare’, notate bene, si tratta del Comitato Centrale della Guardia Nazionale) “abbandonò il suo potere ‘troppo presto'”. Marx seppe mettere in guardia i ‘capi’ da una insurrezione prematura. Di fronte al ‘proletariato’ che dava l’assalto al cielo, però, si comportò da consigliere pratico, da partecipante alla ‘lotta’ delle masse che, nonostante le false teorie e gli errori di Blanqui e di Proudhon, elevava l”intero’ movimento ad un ‘livello superiore’. “Comunque”, egli scrive, “l’insurrezione di Parigi – anche se sopraffatta dai lupi, dai porci e dai volgari cani della vecchia società – è l’azione più gloriosa del nostro partito dopo l’insurrezione di giugno”. E senza nascondere al proletariato neppure un solo errore della Comune, Marx dedica a questa ‘azione eroica’ un’opera che ‘fino al giorno d’oggi’ è il migliore ammaestramento per l’assalto al “cielo” e il più terrificante spettro per i “porci” liberali e radicali. Plechanov dedica al dicembre un'”opera” che è quasi diventata il vangelo dei cadetti. Davvero, non per nulla Plechanov si paragona a Marx. Evidentemente Kugelmann rispose a Marx con qualche espressione di dubbio, accennando all’assoluta mancanza di prospettive e al realismo in antitesi con il romanticismo; per lo meno confrontò la Comune – un’ ‘insurrezione’ – con la pacifica manifestazione del 13 giugno 1849 a Parigi. Subito (il 17 aprile 1871) Marx riprende Kugelmann severamente: «Sarebbe del resto assai comodo», scrive, «fare la storia universale se si accettasse battaglia soltanto a condizione di un esito infallibilmente favorevole». Nel settembre 1870 Marx definì l’insurrezione una follia. Quando però le ‘masse’ si sollevarono, Marx vuole marciare con esse, imparare assieme ad esse nel corso della lotta, e non solo declamare istruzioni burocratiche. Egli comprende che il tentativo di determinare in anticipo le prospettive ‘con assoluta precisione’ sarebbe ciarlataneria o sconfortante pedanteria. ‘Al di sopra di tutto’ egli pone il fatto che la classe operaia ‘fa’ di propria iniziativa, eroicamente, con abnegazione, la storia universale. Marx considerava la storia dal punto di vista di coloro che la fanno, anche se in precedenza non possono calcolare ‘senza sbagliare’, le prospettive, ma non la considerava dal punto di vista dell’intellettuale piccolo-borghese che sentenzia: «era facile prevedere… non si dovevano prendere…». Marx si rendeva anche conto che nella storia vi sono dei momenti in cui una lotta disperata delle ‘masse’, sia pure per un’impresa senza prospettive, è ‘necessaria’ per l’ulteriore educazione di queste masse e la loro preparazione alla ‘prossima’ lotta” [V.I. Lenin, Prefazione (1907)] [(in) Karl Marx, Lettere a Kugelmann, 1950] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:18 Maggio 2017