“Un altro elemento su cui occorre riflettere è costituito dal fatto che tanto Marx che il darwinismo sociale (come lo stesso Darwin del resto) erano impegnati a dare una risposta agli interrogativi posti da quella generazione di pensatori, da Malthus a Ricardo, che sottolineavano la crescente limitatezza delle risorse disponibili. Rispetto a una lettura di Malthus come quella effettuata da Spencer e dagli altri evoluzionisti sociali, che tendevano a dare una risposta ai problemi posti dal grande economista facendo leva su concetti come quello di «selezione naturale» e di «sopravvivenza del più forte», il tentativo di Marx era più complesso e si riallacciava maggiormente ai precedenti filoni settecenteschi. La risposta in termini di «progresso» proposta dal filone spenceriano comportava infatti elevatissimi costi sociali e una complessiva giustificazione di quell’«anarchia» capitalistica che veniva gravando in modo crescente sulle classi più deboli e in particolare sulla classe operaia, chiamata così a un’inevitabile reazione e difesa dei sui interessi. D’altra parte, le prospettive avanzate da molte correnti socialiste e da parte dello stesso Engels sulla base di una lettura impoverita del pensiero di Marx (tanto più possibile per la complessità e la non facile divulgabilità di questo) comportavano, fra l’altro, una periodizzazione della storia umana in cui, con sempre maggior forza, si indicava il carattere relativo e storicamente determinato del capitalismo contemporaneo. Tale periodizzazione, tuttavia, presupponeva più o meno esplicitamente l’idea di uno sviluppo necessario delle società umane, secondo leggi di carattere generale. In tal modo gli obiettivi di progresso sociale e la lotta per una società più giusta, cui era chiamata una classe operaia resa consapevole della sua forza, non andavano esenti da quei presupposti evoluzionistici e deterministici che erano propri anche di molti degli opposti atteggiamenti liberistici. Non deve dunque meravigliare che Marx ed Engels dessero tanto rilievo all’opera di uno dei più grandi antropologi ottocenteschi, l’americano H.L. Morgan, dove appunto la storia dell’umanità primitiva veniva ricostruita sulla base di una contemporanea evoluzione delle forme sociali (organizzazione familiare) e delle forme produttive. Questa impostazione, che costituisce un momento forte della cultura positivista ed evoluzionista, tracciava un percorso di carattere sostanzialmente unilineare dello sviluppo delle società umane. Ecco di nuovo comparire all’orizzonte quelle leggi generali dell’evoluzione sociale che non solo in Inghilterra, ma in Francia, in Germania, in Italia e negli stessi Stati Uniti rappresentavano un punto di riferimento fisso della cultura dell’epoca” (pag 121-122) [Luigi Capogrossi Colognesi, ‘Darwinismo e scienze sociali’, Mondo Operaio, Roma, n. 5, maggio 1982]