“(…) Marx assume che la struttura economica abbia un dinamismo interno in virtù del quale essa si trasforma senza l’intervento di variabili esogene. Vale a dire: l’economico spiega l’economico e tutto ciò che economico non è, da momento che – come Marx precisa . «religione, famiglia, Stato, diritto, morale, scienza, arte, ecc. sono soltanto particolari modi della produzione e cadono sotto la sua legge generale. Questo teorema, depurato del teleologismo dialettico di cui per altro Marx non riuscì mai a sbarazzarsi, è plausibile. Ma, una volta che si compia un’analisi comparata fra i sistemi economici europei e i sistemi economici extra-europei, deve essere abbandonato. Le civiltà orientali sono state caratterizzate da economie sostanzialmente statiche o comunque dotate di un dinamismo assai debole. La ragione di ciò sta nel fatto che esse sono regolate da quello che Engels nell”Antidühring’ definì l’«imprenditore generale» (1), vale a dire dallo Stato burocratico-manageriale. La burocrazia centrale – grazie al fatto che lo Stato era l’unico o il principale proprietario della terra – controllava i processi produttivi e distributivi e impediva che la società civile si sviluppasse autonomamente in un tale sistema – da Marx battezzato «modo di produzione asiatico» – la trasformazione in senso capitalistico non poteva aver luogo, proprio perché la fusione del potere economico col potere politico impediva ogni novità e ogni sperimentazione non gradita alla burocrazia centrale. Così la società civile – posto che si possa usare questa espressione con riferimento alle civiltà orientali – rimase «ingabbiata» e lo Stato rase al suolo ogni centro di decisione e di iniziativa autonoma. Ciò significa che non è affare vero che l’economico spiega l’economico. Semmai è vero il contrario, vale a dire che si deve partire dalla particolare struttura del sistema politico per spiegare il concreto ‘modus operandi’ del sistema economico. È senz’altro vero che chi controlla i mezzi di produzione controlla in buona sostanza la vita umana e tutte le sue manifestazioni, ma tale controllo nelle società extra-occidentali è stato sempre di natura politico – militare. In breve, e per dirla con le parole di Samuel Eisenstadt, ciò che caratterizzava i grandi imperi burocratici orientali era «il dominio politico dei meccanismi economici privati» (12) e quindi la subordinazione della società civile allo Stato burocratico-manageriale. Proprio perciò l’ipotesi esplicativa più convincente mi pare essere quella formulata da Jean Baechler nelle “Origini del Capitalismo”. In quest’opera si individua nell’anarchia feudale – cioè nella frammentazione del potere o, che è lo stesso, nell’assenza della Megamacchina burocratico-manageriale – la matrice della formazione e dello sviluppo del mercato autoregolato” (pag 100-101) [Luciano Pellicani, ‘Il mercato e il destino dell’Occidente’ (Saggi e dibattiti), Mondo Operaio, Roma, n. 4 aprile 1982] [(11) F. Engels, ‘Antidühring’, in Opere complete, Ed. Riuniti Roma, vol XXV, 1974 pag 172; (12) S.N. Eisenstadt, ‘The Political Systems of Empires’, The Free Press, New York, 1963, pag 47]