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‘Hegel aveva polemicamente contrapposto alla scienza positiva dell’intelletto una scienza di ordine superiore, che egli concepiva come l’ autocoscienza che l’Assoluto aveva di sé stesso. E per fondare le smisurate pretese cognitive della scienza dialettica non aveva esitato a costruire sulle macerie della disprezzata logica formale una logica più elevata, basata sul rifiuto del principio di (non) contraddizione, la quale era sostanzialmente una metafisica a carattere gnostico centrata sullo schema “unitàoriginaria – separazione – ricostituzione dell’unità a un livello superiore. La storia dell’umanità poteva così essere descritta come una drammatica (ma tuttavia edificante) odissea dell’Idea verso lo Spirito assoluto attraverso l’alienazione )o mondo della Natura). In tal modo le conseguenze moralmente e psicologicamente catastrofiche della “morte di Dio” furono, agli occhi di Hegel e degli hegeliani, azzerate proprio perché la dialettica era in grado di dimostrare la natura divina della storia. Ebbene, come documenta con ineccepibile puntiglio filosofico Bedeschi (1), Marx accolse, senza modificarla nella sostanza, la visione dialettica della realtà poiché essa gli permetteva di pensare come «scientifico» il Fine ultimo della storia. È vero che Marx accusò ripetutamente il metodo hegeliano di misticismo e contrappose alla spiegazione idealistica dei processisociali una spiegazione materialistica basata su concetti schiettamente economico-sociologici, quali modo di produzione, classe, ideologia, ecc. Pure, conservò inalterato lo schema provvidenzialistico della storia e, anzi, lo caricò di elementi profetico-messianici per stimolare lo «spirito di scissione» del proletariato e indurlo a scendere in guerra contro il regno del Capitale (2)’ (pag 130) [Luciano Pellicani, ‘Scienza e profezia in Marx’, Mondo Operaio, n: 4, aprile 1981] [(1) Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Marx, Laterza, 1981; (2) ‘(…) il processo storico deve mettere capo a un valore (al capitalismo deve subentrare una società superiore, la società comunista, al regno della necessità il Regno della Libertà” (pag 130)]