“Ed eccoci alla teoria della “rivoluzione permanente”. Anche qui, volendo combattere Trotski, si è finito per rovinare una teoria che appartiene a Marx. Sentiamo quello che diceva Stalin medesimo: “L’idea della rivoluzione “permanente” – egli scrisse – non è un’idea nuova. La espose per la prima volta Marx verso il 1850, nel suo ‘Indirizzo’ alla Lega dei Comunisti” (2). Infatti si legge in questo ‘Indirizzo’: “Mentre i piccoli borghesi democratici vogliono portare al più presto possibile la rivoluzione alla conclusione (…) è nostro interesse e nostro compito ‘rendere permanente’ la rivoluzione sino a che tutte le classi più o meno possidenti non siano scacciate dal potere, sino a che il proletariato non abbia conquistato il potere dello Stato, sino a che l’associazione dei proletari, non solo in un paese, ma in tutti i paesi dominanti del mondo, si sia sviluppata al punto che venga meno la concorrenza tra i proletari di questi paesi, e fino a che almeno le forze produttive decisive non siano concentrate nelle mani dei proletari” (3). Né Marx parlò solo della “permanenza” della rivoluzione; egli disse anche che “dopo una rivoluzione, la ‘controrivoluzione permanente’ diviene (per le classi spodestate) una questione d’esistenza di tutti i giorni” (4). Rivoluzione e controrivoluzione permanente, ininterrotta, sono, infatti, gli aspetti dialettici dello stesso processo storico. In che cosa e perché Lenin combatté Trotsky e gli altri sostenitori della teoria della “rivoluzione permanente”, nata nel 1905? Lenin combatté, in primo luogo, non questa teoria, che era di Marx, ma l’applicazione che di essa veniva fatta da Trotsky, Parvus e altri” [Alfonso Leonetti, Trotski e il trotskismo: ciò che è vivo e ciò che è morto, Il Ponte, Firenze, 1973] [(2) Stalin, ‘Questioni del leninismo’, Roma, 1952, p. 34; (3) Stalin, op. cit., p. 34; (4) K. Marx, ‘L’Allemagne en 1848’, Paris, 1901, p. 237] [Lenin-Bibliographical-Materials]  [LBM*]