“L’idea di «spezzare» la macchina dello Stato è ormai accantonata, come è accantonata l’idea di realizzare l’economia sulla base dei principi dell’ «autogoverno dei produttori». La cosa è stupefacente, ma anche indiscutibilmente vera: l’elogio della Comune fu compiuto da Marx ed Engels per ragioni puramente tattiche: mai pensarono che essa aveva indicato la via da seguire. Se scrissero il contrario, fu in base a un ragionamento che Arthur Rosenberg ha così sintetizzato: «Audacemente Marx fece propria la Comune e da allora il marxismo ebbe una tradizione rivoluzionaria agli occhi dell’umanità. Teoricamente ciò era una parziale ritirata del marxismo di fronte al proudhonismo. Ma ogni pretesa di ragione o torto non aveva per Marx alcuna importanza di fronte ai grandi compiti del movimento». Un analogo giudizio è stato recentemente espresso da Gilles Martinet: «Marx ha commesso una serie di falsificazioni che avevano lo scopo per esaltare il movimento operaio e offrigli una straordinaria immagine di battaglia», La più grande di queste «pie falsificazioni» è lo scritto sulla Comune con il quale Marx si impossessò pubblicamente di una rivoluzione che privatamente considerò sempre estranea ai suoi principi. Tant’è vero che nel 1881 scriveva a Domela Niuwenhuis che «La maggioranza della Comune non era in nessun modo socialista, né poteva esserlo. Con un po’ di buon senso avrebbe potuto raggiungere un compromesso con Versailles utile per l’intera massa del popolo». Ancora più netta risulta l’estraneità della Comune al marxismo dalla lettera scritta da Engels nel 1883 a Van Platten: «Marx ed io, già sin dal 1845, abbiamo sostenuto la tesi che uno dei risultati della futura rivoluzione proletaria sarà la graduale dissoluzione e la definitiva scomparsa di quella organizzazione politica che si chiama lo Stato: un’organizzazione il cui principale scopo è stato quello di assicurare con la forza armata la soggezione economica della maggioranza dei lavoratori alla minoranza dei ricchi. Con la scomparsa della minoranza dei ricchi scompare anche la necessità di una forza armata statale a scopi di repressione. Nel contempo noi abbiamo sempre sostenuto che, allo scopo di realizzare questo ed altri importanti obiettivi della rivoluzione sociale del futuro, il proletariato deve prima ‘impossessarsi’ della forza politica organizzata dello ‘Stato’ e servirsene per eliminare la resistenza della classe capitalistica e riorganizzare la società. Ciò è affermato già nel ‘Manifesto’ del 1847 alla fine del secondo capitolo. Gli anarchici rovesciano la faccenda, Essi dicono che la rivoluzione proletaria deve ‘cominciare’ con l’abolizione dell’organizzazione politica dello Stato. Ma dopo la vittoria del proletariato, la sola organizzazione che la classe lavoratrice vittoriosa trova pronta per l’uso è quella dello Stato. Può essere necessario adattarla alle nuove funzioni, ma distruggerla in un simile momento significherebbe distruggere la sola organizzazione attraverso la quale la classe lavoratrice vittoriosa può esercitare il potere appena conquistato, reprimere i nemici capitalistici e realizzare quella rivoluzione economica della società senza la quale la vittoria deve tramutarsi in una sconfitta e in un massacro della classe lavoratrice, come accadde con la Comune di Parigi». Come si vede, qui Engels indica nella Comune di Parigi il modello negativo, l’esperimento da non ripetere, il metodo antitetico a quello che egli e Marx avevano sempre difeso contro gli anarchici, partigiani dello smantellamento immediato dell’apparato statale. (…)” (pag 123) [Luciano Pellicani, ‘Marx – La guerra civile in Francia’, Mondo Operaio, n. 12, dicembre 1980]