“H. Pelling ci aveva dato nel 1961 un primo profilo storico del «Communist Party of Great Britain» (CPGB); Macfarlane (1) ci dà ora una ricostruzione più dettagliata della politica del partito negli «anni venti», seguendo sostanzialmente tre linee di indagine: la nascita e la vita del partito in relazione con le vicende del «Komintern»; la sua politica verso il Partito laburista e, in particolar modo, verso la sua ala sinistra; la sua iniziativa nel mondo sindacale, al «Trade Union Congress» e nei singoli sindacati. Dal suo punto di vista di «an informed british socialist of the nineteen twenties», Macfarlane fa giustizia dei superficiali e malevoli giudizi del Pelling (pp. II, 59, 86): lo studio dell’origine del CPGB vale a stabilire il carattere autenticamente isolano del movimento. Il relativo insuccesso del partito non costituisce una ragion sufficiente per classificarlo come un’indesiderata merce di importazione. Il giudizio della milizia comunista come elemento di una psicologia popolare di resistenza è sostanzialmente corretto: «Uomini e donne aderirono al CP negli anni venti per le stesse ragioni per le quali avevano aderito al Cartismo negli anni trenta e quaranta del secolo scorso: assicurare giustizia per i poveri e gli sfruttati» (p. 287). «La tragedia del C.P. – aggiunge Macfarlane – fu che questo spirito è stato largamente mal guidato», e ancora «la storia del CPGB … è la storia della lotta per costituire un partito rivoluzionario in una situazione non-rivoluzionaria» (p. 275). Cioè, secondo Macfarlane, esisteva nelle classi lavoratrici uno stato d’animo radicale in una situazione non-rivoluzionaria: i comunisti inglesi fallirono perché vollero incanalarlo sotto la guida di un partito rivoluzionario” (pag 633); “Le superiori capacità ideologiche di Lenin finirono con l’imporsi sull’antico residuo di de-leonismo, «hyndamismo», ghildismo e sindacalismo rivoluzionario che dominava i capi del CPGB. In seguito la pressione del Komintern poté avere tanto più successo, quanto più chiara si rivelava la debolezza del PC: Harry Pollitt e Palme Dutt ne uscirono fuori come le guide del partito. Macfarlane ne fa un po’, specie del secondo, i «villains de la pièce». Non c’é dubbio che la sua diagnosi generale sia corretta, ancorchè non esaurientemente «spiegata». Ma cos’è che fu ‘misdirected’? Forse per Macfarlane lo spirito di resistenza delle classi lavoratrici, o meglio i militanti più radicali che il movimento sindacale espresse in quegli anni. Egli sembra dire in definitiva che il C.P. non fece che sterilizzare, togliendole dal contesto naturale della lotta sociale, alcune delle migliori energie operaie” (pag 637) [(1) L.J. Macfarlane, ‘The British Communist Party. Its Origin and Development until 1929’, London, MacGibbon and Kee, 1966, pp. 338, 1963] [Edoardo Grendi, ‘The British Communist Party’ di L.J. Macfarlane’, Estratto da ‘Studi Storici’, Roma, n. 3 luglio-settembre 1966, pag 633-638] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]