“Mentre Labriola scriveva la sua lettera a Baccarini, alla Camera Leopoldo Franchetti, di ritorno dalla sua spedizione-inchiesta a Massaua, illustrava un progetto che, se attuato, doveva essere risolutivo del problema dell’emigrazione (ed è su questa base che ottenne il pieno consenso del neoconvertito colonialista Ferdinando Martini. (…) Franchetti, senza dubbio, rappresentava quell’area moderata, ma sicuramente incline a progetti riforma economica, a cui Labriola aveva con fiducia guardato un decennio prima; ora qui tempi erano passati e Labriola aveva già fatto pubbliche dichiarazioni di fede socialista. Eppure, evidentemente, Labriola non ritenne che la partita che si stava giocando in Parlamento fra i due schieramenti governativi (di San Giuliano si Batteva, in opposizione a Franchetti, per offrire il maggior numero di possibilità a un massiccio impiego di capitali privati) fosse cosa di cui non valesse la pena occuparsi. La proposta contenuta nella lettera a Baccarini non sembrava proprio essere una proposta di «experimentum ad absurdum», come Labriola stesso avrebbe dichiarato a Ghisleri in seconda battuta dopo le critiche di Engels e Turati, ma il tentativo di far pesare nella discussione anche l’opinione dei radicali e dei socialisti, magari con una proposta propria: quella di favorire le cooperative di lavoratori. Che si tratti di questo, e non solo di un’occasione per far propaganda (che tipo di propaganda e quale diffusione di idee si esaminerà dopo), è testimoniato dal gran da fare che in quella circostanza si diede il professore (anche se Ghisleri si sarebbe schernito dicendo che «buttando giù quattro parole da far leggere a un deputato» non si sognava «di far nascere una così seria discussione» (26). Scrisse infatti un po’ a tutti: a Ghisleri inviò copia del «Messaggero» con la lettera di adesione di Achille Loria alla sua proposta; scrisse a Turati; si convinse che Turati fosse pieno d’entusiasmo per la «questione d’Africa»; sollecitò Ghisleri affinché si facesse al più presto una manifestazione a Milano: «Ma non c’è tempo da perdere»; scrisse a Loria perché intervenisse anch’egli in riferimento all’articolo 4 «a proposito delle nostre idee per la buona causa» (27). Scrisse anche al traduttore di Engels, Pasquale Martignetti. Le poche frasi della lettera inviata a quest’ultimo sono quelle che più possono illuminarci sulla «teoria» sottesa all’iniziativa di Labriola e che possono spiegare altresì il valore di propaganda socialista che egli vi scorgeva. «Scrivere per il “Fascio” un articolo sulla questione della ‘terra libera’ – esortava Labriola. – Bisognerebbe che scriveste per far capire agli operai italiani, come io la questione l’abbia posta e che significato abbia. E poi eccitarli ad occuparsene. Far vedere che è ‘il caso pratico dell’origine della proprietà’ borghese. Non vedete che gli operai bisogna istruirli? Combattere il capitale in aria? Fate presto ed una cosa piana ma efficace» (28). Di «terra libera» parlerà ancora nella risposta a Turati (rendere commerciale la terra libera – spiegherà – significa aprire le vie al salario) mentre a Ghisleri scriverà che «fra i tanti che declamano a vuoto contro il capitale e contro la borghesia è bene che ci sia chi faccia vedere in modo pratico come il capitale nasca, perché lo sfruttamento che dicesi salariale sia insito nella natura della società borghese, a che cosa questa rivolga la forza dello stato, la finanza pubblica, il servizio militare obbligatorio, il patriottismo» (29). (…) Nella lettera a Baccarini si fa esplicito riferimento ad un «sistema di proprietà nuova» che potrebbe essere impiantato in Eritrea «con buona licenza di tanti dottori della legge, che insegnano e predicano il diritto con soverchio ossequio alle vecchie formule» e della colonia come una «terra ancora libera da ogni titolo di diritti storici e stabiliti». La fonte prima cui fa riferimento Labriola è, comunque, facilmente individuabile. Si tratta dell’ ‘Analisi della proprietà capitalista’ di Achille Loria, edita un anno prima dalla casa editrice Fratelli Bocca a Torino” (pag 313-315) [Chiara Ottaviano, ‘Antonio Labriola e il problema dell’espansione coloniale’, Annali della Fondazione Luigi Einaudi, Torino, Vol. 16, 1982] [(26) Le lettere di Labriola a Ghisleri sono state pubblicate a cura di P.C. Masini (‘Ventitré lettere di Antonio Labriola ad Arcangelo Ghisleri, 1888-1890’ in ‘Rivista Storica del Socialismo’, II, 1959, pp. 585-603. Qui, come sopra, si fa riferimento a quelle inviate fra il marzo e l’aprile del 1890; (27) La lettera di Antonio Labriola ad Achille Loria e la risposta di Loria sono state pubblicate da R. Faucci, ‘La revisione del marxismo e la teoria economica della proprietà in Italia, 1880-1900: Achille Loria (e gli altri)’, “Quaderni Fiorentini, V-VI, 1976-77, pp. 624-625; (28) La lettera di Labriola a Martignetti è conosciuta nella trascrizione che quest’ultimo ne fece in una lettera inviata ad Engels in data 26/3/’90 (K. Marx – F. Engels, ‘Corrispondenza con italiani, 1848-1895’, a cura di G. Del Bo, Milano, 1964, p. 364; (29) ‘Ventitré lettere di Antonio Labriola ad Arcangelo Ghisleri, 1888-1890’, cit., p. 596-597]