“Un giudizio complessivo nei risultati ed i limiti dell’innovazione operatasi col Risorgimento e l’unificazione nazionale italiana si trova in una lettera di Engels a Filippo Turati pubblicata nella ‘Critica sociale’ del 1894: “La borghesia, che giunse al potere durante e dopo il movimento di indipendenza nazionale, non poté né volle rendere completa la sua vittoria. Essa non ha distrutto né gli avanzi della feudalità né ha riorganizzato la produzione nazionale secondo il moderno modello capitalistico. Incapace di far assicurare al paese i relativi e temporanei vantaggi del sistema capitalistico, essa impose invece tutti i suoi carichi, tutti gli svantaggi del sistema. Non contenta di ciò essa perdette in ignominiosi scandali bancari quel che le restava di credito e fiducia.” “Il popolo lavoratore – contadini, artigiani, operai della terra e delle industrie – si trovava in conseguenza di ciò in una pressante situazione; da un lato in conseguenza di antichi abusi, che hanno ereditato non solo dall’epoca feudale, ma perfino da un’epoca più antica (si pensi alla mezzadria, ai latifondi del Sud, dove il bestiame soppianta l’uomo) dall’altro lato in conseguenza del più vorace sistema fiscale, che una politica borghese abbia mai trovato. Anche qui si può dire con Marx: Noi, come tutto il resto dell’Occidente continentale, non solo siamo afflitti dallo sviluppo della produzione capitalistica, ma anche dalla deficienza di sviluppo. Accanto alle tristi necessità moderne tutta una serie di calamità ereditate dal continuare a vegetare di antichi, sopravvissuti sistemi di produzione con la loro conseguenza di anacronistici rapporti sociali e politici. Noi soffriamo non solo di ciò che è vivo, ma anche di ciò che è morto. ‘Le mort saisit le vif'” (Marx-Engels, Ausgewählte Briefe, cit., pp. 417-418)” [Ernesto Ragionieri, Il Risorgimento italiano nell’opera di Marx e di Engels, 1951]