“Attività così svariate non potevano più essere esercitate da uno stesso individuo; apparve ‘la seconda grande divisione del lavoro’, l’artigianato si separò dall’agricoltura. L’aumento continuo della produzione e quindi della produttività del lavoro elevò il valore della forza-lavoro umana; la schiavitù ancora nascente e sporadica nello stadio precedente, diventa ora un elemento essenziale del sistema sociale; gli schiavi cessano di essere semplici ausiliari e vengono spinti a dozzine al lavoro, nei campi e nelle officine. Con la divisione della produzione nei due grandi rami principali, agricoltura e artigianato, nasce la produzione direttamente per lo scambio, la produzione di merci e con essa il commercio non soltanto all’interno ed entro i limiti della tribù, ma anche sul mare. Tutto ciò però era ancora assai poco sviluppato; i metalli nobili cominciavano a diventare merce-danaro prevalente e universale, ma non erano ancora coniati e venivano scambiati ancora in base al loro peso grezzo. Accanto alla differenza tra liberi e schiavi appare quella tra ricchi e poveri; con la nuova divisione del lavoro appare una nuova scissione della società in classi. Le differenze dei possessi tra i singoli capifamiglia spezzano l’antica comunità familiare comunistica, dovunque si era mantenuta fino allora, e con essa la coltivazione comune del suolo a pro e per conto di questa comunità. La terra coltivabile è assegnata per lo sfruttamento a famiglie singole, dapprima per un periodo di tempo, più tardi una volta per sempre. Il passaggio alla piena proprietà privata si compie gradualmente e parallelamente a quello dal matrimonio di coppia alla monogamia. La famiglia singola comincia a divenire l’unità economica della società. La maggiore densità della popolazione costringe a stabilire legami più stretti all’interno come all’esterno. La federazione di tribù affini diviene dappertutto necessaria e presto lo diviene anche la loro fusione e conseguentemente la fusioni dei territori separati dalle tribù in un territorio comune del popolo. Il capo militare del popolo – ‘rex, basiléus, thiudans’ – diviene un funzionario permanente indispensabile. Dove non c’era già, compare l’assemblea popolare. Capo militare, consiglio, assemblea popolare, formano gli organi della società gentilizia che si sviluppa progressivamente in una democrazia militare. Militare, poiché la guerra e l’organizzazione per la guerra sono ora divenute funzioni regolari della vita del popolo. Le ricchezze dei vicini eccitano l’avidità di popoli che già vedono nella conquista della ricchezza uno dei primi scopi della loro esistenza. Essi sono barbari: reputano più facile ed anche più onorevole diventare ricchi con la rapina che con il lavoro. La guerra, che una volta era fatta solo per vendicare soprusi o per estendere il territorio divenuto insufficiente, viene ora condotta a fine di semplice rapina, diventa ramo permanente di produzione. Non invano le mura si ergono minacciose intorno alle nuove città fortificate. Nei loro fossati sta spalancata la tomba della costituzione gentilizia e le loro torri si proiettano già nella civiltà. Non diversamente vanno le cose all’interno. Le guerre di rapina accrescono la potenza sia dei supremi capi militari che dei sottocapi; l’elezione consuetudinaria dei loro successori nella stessa famiglia, specie dopo l’introduzione del diritto patriarcale, si trasforma a poco a poco in eredità, dapprima tollerata, poi reclamata e infine usurpata; si pongono le fondamenta della monarchia e della nobiltà ereditarie. Così gli organi della costituzione gentilizia recidono le radici che avevano nel popolo, nella ‘gens’, nella fratria, nella tribù e l’intera costituzione gentilizia si capovolge nel suo opposto: da organizzazione di tribù avente per scopo il libero ordinamento dei propri affari diventa organizzazione per il saccheggio e l’oppressione dei vicini, e corrispondentemente, i suoi organi, da strumenti della volontà popolare, si trasformano in organi autonomi per dominare ed opprimere il proprio popolo” (pag 618-620) [F. Engels, ‘L’origine della famiglia, della proprietà e dello Stato’ (in) Marx Engels, Opere, XXVI. Scritti etno-antropoligici’, La Città del Sole, Napoli, 2020]