“Come trattare la scienza? Da un lato si aveva la dialettica hegeliana, nella forma del tutto astratto, ‘speculativa’, in cui l’aveva lasciata Hegel. Dall’altro lato il metodo ordinario, essenzialmente metafisico-wolfiano (da Christian Wolff, ndr), tornato nuovamente di moda, secondo il quale gli economisti borghesi avevano scritto essi pure i loro grossi libri sconclusionati. Quest’ultimo metodo era stato teoricamente demolito da Kant e specialmente da Hegel, in modo tale che soltanto la pigrizia e l’assenza di un altro metodo ‘semplice’ poteva praticamente consentirgli di continuare a vivere. D’altro lato il metodo hegeliano, nella forza in cui esso si ‘presentava’, era assolutamente inutilizzabile. Esso era essenzialmente idealistico, mentre qui si trattava di sviluppare una concezione del mondo che era più materialistica di tutte le precedenti. Esso partiva dal pensiero puro, mentre qui si doveva partire dai fatti più testardi. Un metodo che, secondo la sua propria confessione, «andava dal niente al niente attraverso il niente», era assolutamente fuori posto qui in questa forma. Ciò nonostante fra tutto il materiale logico esistente, questo metodo era l’unica cosa a cui almeno ci si potesse appigliare. Esso non era stato criticato, non era stato superato; nessuno degli avversari del grande dialettico era riuscito a battere in breccia il suo superbo edificio. Il metodo hegeliano era scomparso perché la scuola hegeliana non aveva saputo far niente con esso. Innanzi tutto, dunque, si doveva sottoporre a una critica profonda il metodo hegeliano. Ciò che distingueva il modo di pensare di Hegel da quello di tutti gli altri filosofi era l’enorme senso storico che ne costituiva la base. Per quanto astratta e idealistica fosse la forma, ciò non di meno lo sviluppo del suo pensiero andava sempre parallelamente allo sviluppo della storia mondiale, e quest’ultimo non doveva in sostanza essere altro che la prova del primo. Benché il rapporto esatto venisse in questo modo arrovesciato e collegato con la testa all’ingiú, il contenuto reale penetrava però da ogni parte nella filosofia, e ciò tanto più in quanto Hegel si distingueva dai suoi scolari perché non si vantava come loro dell’ignoranza, ma era uno degli uomini più eruditi che mai siano esistiti. Egli fu il primo che cercò di dimostrare l’esistenza nella storia di uno sviluppo, di una coesione interiore, e per quanto ora molte cose nella sua filosofia della storia ci possano sembrare strane, la grandiosità della concezione fondamentale, quando la si confronta con i suoi predecessori o anche con coloro che dopo di lui si sono permessi di fare delle riflessioni generali sulla storia, è ancora oggi degna di ammirazione” (pag 150-151) [Friedrich Engels, ‘Lineamenti di una critica dell’ economia politica’, Editori Riuniti, Roma, 1977]