“La dialettica è la condizione (formale) dell’intelligibilità del reale: essa ha pertanto, «il valore di concezione, più che suggerita, richiesta dalla esperienza» (127). Dunque, né generalizzazione induttiva (Croce) né legge a priori (Gentile), ma «esigenza che scaturisce dall’esperienza stessa, la quale vuol essere compresa da noi»; ‘la forma’, cioè, «entro la quale soltanto può la materia dell’esperienza diventare intelligibile» (128). Ed ecco spuntare la questione se questa forma debba essere ritenuta una necessità a priori o a posteriori rispetto al reale. Il problema era stato agitato da Eugenio Di Carlo (lo stesso che avanzerà, nel ’36, le prime obiezioni alla traduzione mondolfiana delle ‘Tesi su Feuerbach’) in un articolo del 1916 su ‘La dialettica engelsiana’ (129), in cui, la definizione della dialettica come condizione e forma dell’intelligibilità del reale veniva rovesciata nell’altra (ad essa simmetrica): il reale, la storia, non sono intelligibili se non attraverso la dialettica. «L’idea del Mondolfo – scriveva – sembra a noi non colga esattamente il pensiero dell’Engels relativo alla dialettica; ché, anzi, con l’ìntento di dare un significato ancora più profondo alla dialettica engelsiana, lo annebbii» (130). Secondo Di Carlo, la dialettica non sarebbe tanto condizione di intelligibilità, ma piuttosto la legge secondo cui si muoverebbe la realtà tutta. Nell”Antidühring non si contrappone al vecchio sistema metafisico un altro sistema, ma si dà un’esposizione più o meno connessa (zusammenhängende) del nuovo metodo. Marx ed Engels avrebbero applicato la dialettica – alla storia come alla natura – nelle forma autentica, non nella forma mistificata di Hegel (come è detto chiaramente nel ‘Ludovico Feuerbach’. La dialettica è dunque divenire – ma non basta: essa ha una legge specifica del suo movimento. Questa legge è la negazione della negazione (Di Carlo, tra l’altro, espone la dinamica di questa legge nei termini più ortodossamente hegeliani: la sintesi non è un puro e semplice ritorno alla semplicità del cominciamento, ecc. ecc.). Per quanto riguarda poi l’affermazione di Engels secondo la quale della vecchia filosofia resterebbero soltanto la logica e la dialettica, Di Carlo non condivide l’interpretazione del Gentile della «logica» come «logica reale» (nel senso hegeliano), che fa tutt’uno con la dialettica, sostenendo che essa va intesa piuttosto come «logica formale». Rispetto al rapporto dialettica-scienze, Di Carlo stabilisce un paragone tra la visione engelsiana e quella di Spencer, nel senso della comune affermazione di una legge generale, che unifica tra loro e dirige (filo conduttore) tutti i vari settori della conoscenza” (pag 265-266) [(127) MSFE, p. 61; (128) Ivi, p. 63 (MFSE: Mondolfo, Il materialismo storico in Federico Engels, La Nuova Italia, 1952)] [Giacomo Marramao, Marxismo e revisionismo in Italia, dalla “Critica sociale” al dibattito sul leninismo, De Donato, Bari, 1971]