“È comunemente destino di tutte le creazioni storiche completamente nuove di essere prese a torto per riproduzioni di vecchie e anche di defunte forme di vita sociale, con le quali possono avere una certa rassomiglianza. Così questa nuova Comune, che spezza il moderno potere statale, venne presa a torto per una riproduzione dei comuni medioevali, che prima precedettero questo stesso potere statale e poi ne divennero il sostrato. La Costituzione della Comune è stata presa a torto per un tentativo di spezzare in una federazione di piccoli stati, come era stata sognata da Montesquieu e dai Girondini, quella unità delle grandi nazioni, che se originariamente è stata realizzata con la forza politica, è ora, diventata un potente fattore della produzione sociale. L’antagonismo tra la Comune e il potere statale è stato preso a torto per una forma esagerata della vecchia lotta contro l’eccesso di centralizzazione. Speciali circostanze storiche possono avere impedito in altri paesi lo sviluppo classico della forma borghese di governo che si è avuta in Francia e possono avere permesso, come in Inghilterra, di completare i grandi organi centrali dello stato con corrotti consigli parrocchiali, con consiglieri comunali trafficanti, feroci custodi della legge dei poveri nelle città e magistrati virtualmente ereditari nelle campagne. La Costituzione della Comune avrebbe invece restituito al corpo sociale tutte le energie sino allora assorbite dallo stato parassita, che si nutre alle spalle della società e ne intralcia i liberi movimenti. Con questo solo atto avrebbe iniziato la rigenerazione della Francia. La classe media francese delle province vide nella Comune un tentativo di restaurare il controllo che il suo ceto aveva avuto sul paese sotto Luigi Filippo, e che, sotto Luigi Napoleone, era stato soppiantato dal preteso sopravvento della campagna sulle città. In realtà la Costituzione della Comune metteva i produttori rurali sotto la direzione intellettuale dei capoluoghi dei loro distretti, e quivi garantiva loro, negli operai, i naturali tutori dei loro interessi. L’esistenza stessa della Comune portava con sé come conseguenza naturale la libertà municipale locale, ma non più come un contrappeso al potere dello stato ormai diventato superfluo. Soltanto nella testa di un Bismarck – il quale, quando non è preso dai suoi intrighi di sangue e di ferro, ama sempre ritornare al vecchio mestiere così adatto al suo calibro mentale di collaboratore del ‘Kladderadatsch’ (il ‘Punch’ di Berlino) (1) – soltanto in una testa così fatta poteva entrare l’idea di attribuire alla Comune di Parigi l’aspirazione a quella caricatura della vecchia organizzazione municipale francese del 1791 che è la costituzione municipale prussiana, la quale riduce le amministrazioni cittadine alla funzione di ruote puramente secondarie della macchina poliziesca dello stato prussiano. La Comune fece una realtà della frase pubblicitaria delle rivoluzioni borghesi, il governo a buon mercato, distruggendo le due maggiori fonti di spese, l’esercito permanente e il funzionarismo statale. La sua esistenza stessa supponeva la non esistenza della monarchia che, in Europa almeno, è l’abituale zavorra e l’indispensabile maschera del dominio di classe. Essa forniva alla repubblica la base per vere istituzioni democratiche. Ma né il governo a buon mercato né la «vera repubblica» erano la sua meta finale; essi furono solo fatti concomitanti” (pag 165-166) [Karl Marx, da ‘La guerra civile in Francia’, (in) K. Marx, ‘Lo Stato moderno’, Newton Compton, Roma, 1973] [(1) Il ‘Kladderadatsch’ in Germania e il ‘Punch’ in Inghilterra erano diffusi giornali umoristici]