“Nota (9) Nella Lettera del 4 novembre 1864 Marx sottolinea il ruolo della «discussione» per la crescita del proletariato («Per il trionfo delle idee esposte nel ‘Manifesto…’ si deve contare solamente ed esclusivamente sullo sviluppo intellettuale della classe operaia quale deve scaturire dall’azione unitaria e dalla discussione»). Discussione su che cosa? E che tipo di discussione? E’ evidente che Marx pensa ad una comprensione «scientifica» della realtà da parte del proletariato, cui deve arrivare con l’aiuto del partito; Nota (11) Non occorre richiamare il noto passo del ‘Manifesto’: «Il partito ha sopra il resto del proletariato il vantaggio della sua chiara visione delle condizioni, della marcia e dei risultati generali del movimento proletario». Vedi su questo punto quanto Lukács dice a proposito della Luxemburg in ‘Storia e coscienza di classe’: il partito è chiamato ad essere «il cervello» della missione storica del proletariato. Tale posizione è stata esplicitata per la prima volta nel 1901 da Kautsky in «Akademiker und proletarier», in Neue Zeit (17 aprile) che è la fonte del ‘Che fare?’ di Lenin; Nota (12) E’ opportuno qui richiamare l’attenzione sulla profondità dell’intuizione di Lenin relativamente al «centralismo democratico». Lasciando da parte ciò che quella formula ha potuto indicare in certe situazioni, essa parte dal presupposto che il potere non è un fenomeno a somma zero: che, cioè, se il potere della base aumenta non per questo di altrettanto diminuisce il potere del vertice. Tale intuizione è stata verificata nella ricerca empirica: in effetti, le organizzazioni migliori non sono quelle in cui il vertice ha poco potere, bensì quelle in cui il vertice esercita molto potere, è vigoroso ed aggressivo, ma al tempo stesso stimola la partecipazione della base. Ma tale partecipazione della base presuppone la comprensione da parte di questa della strategia del vertice, strategia che deve esser fissata sulla base dell’analisi della congiuntura: ed ecco di nuovo l’importanza di potare la ricerca alle masse, di abituarle all’analisi metodica, a ragionare sui fatti; Nota (13) Qualcuno obietterà che adottare un programma del genere, che condiziona l’azione all’analisi (come pure l’analisi all’azione) significherebbe spostare nel tempo l’instaurazione del socialismo. Vale la pena di ricordare al riguardo la risposta che Marx diede a Shapper, minoritario nel seno della Lega dei comunisti (1850): «La minoranza sostituisce un punto di vista dogmatico ad uno critico e l’idealismo al materialismo. Per essa, la forza motrice della rivoluzione è semplicemente la forza di volontà, non le condizioni reali. Noi, al contrario, diciamo agli operai: “Passeranno cinque, venti, cinquanta anni di guerre civili e di lotte popolari non soltanto per cambiare le condizioni, ma anche perché cambiate voi e possiate essere capaci di gestire il potere politico!. Ed essi ci rispondono: “Se non possiamo prender subito il potere, è meglio che ce ne andiamo a dormire”» (K. Marx, Enthüllungen über den Kommunistenprozess zu Köln’, Berlin, Vorwarts, 1914, pp. 52-53); Nota (14) Non figurava forse tra i compiti del Comitato centrale nello ‘Statuto provvisorio dell’Associazione internazionale dei lavoratori’, redatto da Marx nell’ottobre del 1864, che «si faccia simultaneamente e sotto una direzione comune un’inchiesta sullo stato sociale dei diversi paesi d’Europa»? E non preparò Marx stesso un questionario, che ci è pervenuto, anche se le informazioni con esso raccolte sono andate smarrite? Lo stesso Marx, in vista di tale inchiesta, aveva avanzato una richiesta nell’agosto del 1866 ai delegati del Comitato centrale provvisorio che si provvedesse a fare «(una statistica delle condizioni delle classi operaie di tutti i paesi preparata dagli operai stessi». Del resto, il suo punto di vista circa la posizione dei comunisti verso il proletariato è bene espresso nella ‘Miseria della filosofia’: «Allo stesso modo che gli economisti sono i rappresentanti scientifici della classe borghese, così i socialisti e i comunisti sono i teorici della classe proletaria» (MEGA, vol. VI, p. 191). Il termine ‘théoriciens’ non significa «filosofi sociali», bensì «scienziati» nel senso moderno del termine: cioè, coloro che, partendo da determinati presupposti teorici (e di valore), verificano nella realtà le ipotesi che ne hanno derivate)” [(in) Mino Vianello, ‘Statistica, ricerca e organizzazione. Sul fondamento del partito del socialismo scientifico’, Critica marxista, n. 4, 1980] [Nota 9, Nota 11, Nota 13, Nota 14]