“Se coloro che descrissero la Rivoluzione francese non si proponevano di farla passare principalmente come opera dei filosofi, dei Voltaire e dei Rousseau, e degli oratori delle Assemblee nazionali, dei Mirabeau e dei Robespierre, dovettero considerare che il conflitto che aveva portato alla rivoluzione era sorto dal contrasto dei primi due stati con il terzo stato; vedevano che questo conflitto non era passeggero, né causale; che aveva già operato, come negli Stati generali del 1789, anche in quelli del 1614 e anche prima; che era stato un elemento essenziale dello sviluppo storico, soprattutto nel consolidamento della monarchia assoluta; alla fine furono costretti a vedere che questo conflitto aveva le proprie radici nelle ‘condizioni economiche’. Certamente, nella maggior parte delle descrizioni del periodo rivoluzionario la lotta di classe non appariva e non appare come il motore di tutto il rivolgimento, ma solo come un episodio all’interno delle lotte tra i filosofi, gli oratori e gli uomini di Stato, come se questi non fossero piuttosto il risultato necessario di quella. Si è resa necessaria una possente elaborazione teorica prima che ciò che sembrava un episodio fosse riconosciuto come forza trainante non solo di tutta la rivoluzione, ma dell’intero sviluppo storico, a partire dal momento della nascita dei conflitti di classe. La concezione materialistica della storia, così costituitasi, è ancora oggi oggetto di forte contestazione. La concezione secondo la quale la Rivoluzione francese è stata il risultato di una lotta di classe del terzo stato contro i primi due è invece accettata generalmente da tempo; non è più una teoria destinata soltanto agli specialisti, ma è diventata molto popolare, soprattutto tra la classe operaia tedesca. Il compito dei sostenitori di questa concezione oggi non è tanto quello di difenderla, quanto di preservarla dalla banalizzazione. Si è infatti troppo inclini, quando uno sviluppo storico viene ricondotto alle lotte di classe, a presumere che nella società ogni volta vi siano solo due campi, due classi che si combattono reciprocamente, due salde masse omogenee, che “valga solo un di qua e un di là”. Se le cose stessero effettivamente così, la descrizione storica sarebbe una cosa piuttosto facile. In realtà, però, i rapporti non sono così semplici. La società è e sta diventando un organismo oltremodo complicato, con le classi più diverse e gli interessi più diversi, che si possono raggruppare intorno ai partiti più diversi a seconda della situazione. Questo vale per oggi come per il tempo della Rivoluzione francese” (pag 723-724) [Karl Kautsky, ‘I conflitti di classe del 1789. Per il centesimo anniversario della Grande Rivoluzione’. Estratto da Karl Marx Friedrich Engels, ‘Opere’, volume 26. Friedrich Engels, maggio 1883-dicembre 1889. Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2021]