“[Subentra] il libero sviluppo delle individualità, e quindi non la riduzione del tempo di lavoro necessario per creare pluslavoro ma, in generale la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo a cui corrisponde poi la formazione e lo sviluppo artistico, scientifico, ecc., degli individui attraverso i mezzi che sono stati creati a questo fine e ‘il tempo reso, in questo modo, libero per tutti’» [Karl Marx, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica’] (pag II, premessa); “In una lettera a Ruge del settembre 1843, Marx scrive: «Apparirà chiaro allora come da tempo il mondo possieda il ‘sogno di una cosa’ della quale non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente. Apparirà chiaro come non si tratti di tirare una linea retta tra passato e futuro, bensì di ‘realizzare i pensieri’ del passato. Si mostrerà infine come l’umanità non incominci un lavoro ‘nuovo’, ma porti a compimento consapevolmente il suo vecchio lavoro» (1) (…). In un testo quasi coevo al precedente, Marx afferma «Quando gli operai comunisti si riuniscono, essi hanno primamente come scopo la dottrina, la propaganda ecc. Ma, con ciò, si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del ‘bisogno della socialità’, e ciò che sembra un mezzo, è diventato scopo. (…) Fumare, bere, mangiare ecc. non sono più pur mezzi per stare uniti, mezzi di unione. A loro basta la società, l’unione, la conversazione che questa società ha, a sua volta, per scopo; ‘la fratellanza degli uomini non è presso di loro una frase, ma una verità…» (2). Si comincia a delineare in cosa consista quel «sogno». Marx comincia a tracciare il disegno di una «nuova comunità», di un «vivere insieme» caratterizzato da abitudini e valori comuni, ma liberamente costituiti ed accettati. Marx declina insieme libertà individuale e senso di appartenenza ad una comunità (= fratellanza). (…) Da queste prime considerazioni appare già evidente che il problema della libertà si intreccia, in Marx, con il problema della forma della prassi o, più esattamente, con il problema della ridefinizione del rapporto tra il «tempo di lavoro» e il «tempo di vita», tra il processo produttivo e la soddisfazione dei bisogni. Senza voler riproporre in maniera meccanica la continuità tra la dialettica servo-signore in Hegel e la riflessione marxiana è, comunque, indubbio che Marx pensi il tema della libertà a partire dalla critica della forma determinata che la prassi ha assunto nel mondo moderno. «DI Fatto, – egli scrive in una notissima pagina de ‘Il capitale’ – il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria. Come il selvaggio deve lottare con la natura per soddisfare i suoi bisogni, per conservare e per riprodurre la sua vita, così deve fare anche l’uomo civile, e lo deve fare in tutte le forme della società e sotto tutti i possibili modi di produzione. A mano a mano che egli si sviluppa, il regno delle necessità naturali si espande, perché si espandono i suoi bisogni, ma al tempo stesso si espandono le forze produttive che soddisfano questi bisogni. La libertà in questo campo può consistere in ciò, che l’uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano ‘sotto il loro comune controllo’, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca; che essi eseguano il loro compito con il minore impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa. Ma questo rimane sempre un regno della necessità. Al di là di esso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa» (6)” (pag 41-43) [(in) Marcello Montanari, La libertà e il tempo. Osservazioni sulla democrazia tra Marx e Gramsci’, Editori Riuniti, Roma, 1991] [K. Marx, ‘Lettera ad AL Ruge’ settembre 1843, in Marx-Engels, Opere, v. III, a cura di N. Merker, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 156; (2) K. Marx ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’, trad. it. N. Bobbio, Torino, Einaudi, 1980, p: 137, corsivo ‘ ‘ di M.M.; (6) K. Marx, Il capitale, I, III, trad. it., M.L. Boggeri, Roma, Editori Riuniti, 1965, p. 933]