• Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni

“E convien dire che per virtù della dottrina del materialismo storico, nella forma in cui fu elaborata o torturata dal Labriola e da altri pensatori italiani, venne per la prima volta sorpassata davvero la inanime storiografia pura, che da oltre trent’anni occupava il posto della storiografia vera e propria, della storiografia vivente: sorpassata, ma rispettandone e accogliendone il frutto, che era il disciplinato metodo filologico. Meglio ancora, mercé di esso e sotto la bandiera del materialismo e del socialismo, fu reintrodotto alcunché di quella dialettica, che era caduta in discredito più d’ogni altra parte della filosofia idealistica, e veramente più d’ogni altra era stata superficialmente intesa e perciò abusata. Quantunque l’Engels avesse circa la natura e l’ufficio della dialettica idee assai confuse, e il medesimo Labriola non ci si raccapezzasse bene e plaudisse alle povere interpretazioni dell’Engels (2) e seguitasse a parlare di “determinismo storico”, e di “cause” e di “cause di ultima istanza” (3), cose incomportabili con la dialettica, sta di fatto che non solo la parola e il vago concetto, ma l’atteggiamento mentale dialettico, ma il suo modo di rappresentare e svolgere la storia, ricomparvero e rioperarono. Le mutilazioni e i travisamenti di essa, l’ingratitudine verso il suo vero autore, l’indebita esaltazione del Marx e dell’Engels che l’avevano materializzata ed empiricizzata, non impedirono quell’efficacia e piuttosto in certa guisa la agevolarono, togliendo ogni ombra di quel sospetto di reazionarismo filosofico e politico, che sarebbe caduto sopra una diretta ripresa del pensiero dello Hegel. Il quale, più tardi, ricomparve esso proprio, in persona; ma, allora come allora, i suoi interpretii e portavoce, i suoi raccomandatori e divulgatori furono i rivoluzionari sociali: il che non è poi tanto strano quanto parrebbe alla prima, perché quello Hegel, che ai suoi tempi passò per un codino, era in effetti un gran rivoluzionario, atto a rivoluzionare, passionalmente non meno che mentalmente, parecchie generazioni” [Benedetto Croce, a cura di Mario Sansone, La letteratura italiana. IV. La letteratura contemporanea, 1960] [(2) ‘Saggio’ III, pp. 185-95; (3) Per es., ‘Saggio’ II, p. 14]