“Le deviazioni a carattere metodologistico che si sono succedute nella interpretazione del pensiero di Marx rappresentano la riemergenza, nell’ambito del marxismo, di una separazione fra pratico e teorico che la complessità del materialismo dialettico non può accettare. (…) In questo contesto è inquadrabile il lungo e complesso dibattito che interessò la socialdemocrazia tedesca (Luxemburg, Kautsky, Bernstein) durante il periodo della Seconda Internazionale: i rapporti di confronto e di scontro che intercorsero fra le varie posizioni e l’opera e la strategia politica di Lenin e dei bolscevichi, l’elemento di rottura rappresentato dagli avvenimenti del ’17 nei confronti del gradualismo evoluzionista della Seconda Internazionale (15). La critica di Lenin all’empiriocriticismo risulta, da questo punto di vista, non tanto una presa di posizione isolata nei confronti di una teoria che vuole assorbire le datità oggettuali nelle strutture interpretative e nei dati osservazionali della realtà, bensì la difesa che la classe, in quanto alternativa materiale e culturale oppone ai tentativi di occultamento e di mediazione a basso livello dello scontro di classe. L’istanza materialistica si presenta, pertanto, come esigenza fondamentale di un modo nuovo di appropriarsi del mondo contro il riemergere di concezioni ideologiche a chiara impostazione positivistica e idealistica (16). «Dal principio alla fine Marx ed Engels furono in filosofia uomini di parte, seppero scoprire le deviazioni dal materialismo e le concessioni all’idealismo e al fideismo in tutte le correnti moderne» (17). Le stesse ambiguità ideologiche, l’eclettismo filosofico hanno rappresentato la copertura della politica opportunistica dei partiti della II Internazionale che ne ha determinato la crisi profonda. «Il carattere relativamente pacifico del periodo 1871-1914 ha alimentato l’opportunismo, ‘stato d’animo’ dapprima, ‘tendenza’ in seguito e, infine, ‘gruppo’ o ‘strato’ composto dalla burocrazia operaia e dai compagni di strada piccolo-borghesi. Questi elementi potevano sottomettere il movimento operaio soltanto riconoscendo a parole i fini rivoluzionari e la tattica rivoluzionaria; potevano cattivarsi la fiducia delle masse soltanto giurando che il lavoro pacifico non era che la preparazione alla rivoluzione proletaria. Questa contraddizione era l’ascesso che da un giorno all’altro doveva scoppiare, e che è scoppiato» (19). Il fallimento della II Internazionale sarebbe, pertanto, dovuto alla strategia opportunistica dei partiti aderenti. L’alleanza della aristocrazia operaia con elementi della borghesia nazionale, la svendita delle esigenze delle grandi masse, l’attenuazione della validità dell’internazionalismo proletario e gli stessi ambigui giudizi sulla natura della guerra imperialistica costituirebbero l’espressione più evidente del cedimento dei partiti operai occidentali al blocco dominante. «Il contenuto politico dell’opportunismo e quello del socialsciovinismo sono identici: collaborazione fra le classi, rinuncia alla dittatura del proletariato, all’azione rivoluzionaria, riconoscimento senza riserva della legalità borghese, mancanza di fiducia nel proletariato, fiducia nella borghesia» (20). Kautsky e il kautskysmo sono, secondo Lenin, i principali responsabili della profonda involuzione di parte della socialdemocrazia tedesca che identifica, ormai, la causa del proletariato con quella nazionale. «Il rappresentante più in vista di questa teoria, che è al tempo stesso, Kautsky, si è rivelato un ipocrita di prim’ordine, un virtuoso della prostituzione del marxismo» (21). La contaminazione ideologica del marxismo è l’esatto risvolto dell’opportunismo politico; il gradualismo rivoluzionario, evidente nel fiancheggiamento delle istituzioni parlamentari borghesi, si manifesta anche nel compromesso che i sedicenti machisti russi tentano di stabilire con il pensiero di Mach e Avenarius. «Il kautskysmo non è un caso, ma il prodotto sociale delle contraddizioni della II Internazionale, del connubio tra la fedeltà verbale al marxismo e la sottomissione all’opportunismo nei fatti» (22)” (pag 20-23) [Marino Centrone, ‘Logica formale e materialismo’, Dedalo libri, Bari, 1977] [(15) E. Ragionieri, Il marxismo e l’Internazionale’, Roma, 1968, E.H. Carr, ‘La rivoluzione bolscevica’, 4 vol., Torino, 1964; (16) V.I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, Roma, 1973; (17) V.I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, Roma, 1973, cit., p. 280; (18) V.I. Lenin, ivi, p. 281; (19) V.I. Lenin, L’opportunismo e il fallimento della II Internazionale’, in Opere scelte, vol. II, p. 430; (20) V.I. Lenin, ivi, p. 431; (21) V.I. Lenin, Il fallimento della II Internazionale, in Opere scelte, cit., p: 374; (22) V.I. Lenin, Il socialismo e la guerra, in Opere scelte, cit., p. 390] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*] (rileggere)