“Influenza – diretta o mediata – o convergenza oggettiva, Gramsci e Lukács si incontrano di fatto su un terreno comune. In Gramsci l’istanza democratica, dopo aver informato il periodo dell”Ordine Nuovo, si trova recuperata nei ‘Quaderni’ attraverso la teoria del «blocco storico» e la tesi dell’egemonia del proletariato. In Lukács, in ‘Geschichte und Klassenbewsusstsein’, come nel ‘Lenin’ del 1924, si trova un luxemburghismo sempre mai risolto, mal superato, più represso che analizzato. Le origini filosofiche dei due pensatori sono in entrambi i casi idealistiche. In Lukács, oltre alle ben note influenze di Dilthey, Rickert, Lask, Simmel e Weber, c’è una presenza più inattesa: quella di Bergson. In Gramsci, attraverso la mediazione di Sorel, un identico bergsonismo (questa è del resto l’accusa lanciata da Treves e da Mondolfo contro l”Ordine Nuovo’) viene a innestarsi sull’influenza di Croce. Infine, lo stesso ostacolo teoretico-politico: il leninismo. Non è forse inutile, a questo proposito, confrontare qualche testo dedicato a Lenin dai suoi contemporanei all’indomani della morte. Il ‘Lenin marxista’ di Bucharin si apre con una dichiarazione altisonante: «è tempo di rimettere le cose al loro posto», di riabilitare Lenin «come teorico» (1). Al contrario, Bordiga, nel suo ‘Lénine sur le chemin de la révolution’, mira meno in alto e centra meglio il bersaglio: «la figura e l’opera di Lenin nel movimento di emancipazione rivoluzionaria della classe operaia mondiale» (2). Quanto a Lukács, egli riprende la categoria della «totalità» di ‘Geschichte und Klassenbewusstsein’ e tanta di definire l’«interdipendenza» del pensiero di Lenin. Il Lenin teorico è il rivoluzionario. «’L’attualità della rivoluzione: questa è l’idea fondamentale di Lenin». La cosa importante è tuttavia il fatto che per Lukács si tratta di fondare o di dedurre filosoficamente Lenin e il leninismo. Così, se i comunisti costituiscono «’l’incarnazione visibile della coscienza di classe del proletariato’» e se il partito è nello stesso tempo «produttore e prodotto», Lenin rappresenta la «chiara coscienza della vera tendenza generale di un’epoca…; di conseguenza, tratta dei problemi fondamentali decisivi di tutto il periodo anche quando pensa di parlare soltanto delle questioni del momento» (3). Riconosciamo qui il ‘Weltgeist’ hegeliano. Tale presenza è ancora più accentuata nell’articolo ‘Capo’ che Gramsci dedica a Lenin. Infatti, per Gramsci Lenin rappresenta «l’esponente e l’ultimo più individualizzato momento di tutto un processo di sviluppo della storia passata, non solo della Russia, ma del mondo intiero» (4). Un altro punto da notare in questo bel testo hegeliano – la constatazione che «la dittatura del proletariato è espansiva, non repressiva» – ci introduce direttamente alla problematica dei ‘Quaderni’. Questa incapacità di integrare il «leninismo» (5) si aggiunge nei due pensatori alla polemica anti-positivistica degli anni giovanili (a meno che non ne derivi)” (pag 31-32) [Robert Paris, ‘Gramsci e la crisi teorica del 1923′ (pag 29-44), (in) Gramsci e la cultura contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani tenuto a Cagliari il 23-27 aprile 1967. II. Comunicazioni’ a cura di Pietro Rossi, Editori Riuniti, Roma, 1975] [(1) Cfr. N. Boukharine, ‘Lénin marxiste’, Paris, 1966, p. 5; (2) Cfr. A. Bordiga, ‘Lénine sur le chemin de la révolution’ (24 febbraio 1924), ‘La lutte de classe, 1928, n. 4, pp. 98-107, e 1928, n. 5, pp. 131-39. La citazione è a p. 98; (3) G. Lukács, ‘Lénine’, Paris, 1965, pp. 27, 28, 51, 57; (4) ‘Duemila pagine di Gramsci’, v. I., pp. 708-712; (5) «In quale settore è la novità di Lenin? In materia di organizzazione» (J. Glaive, ‘Les premiers pas du bolchévisme’, in ‘La révolution prolétarienne’, III, 15 settembre 1927, n. 42, p. 8). È evidente che la deduzione, lukácsiana o gramsciana, del «capo» o del «genio», e a ‘fortiori’ l’anti-giacobinismo di Gramsci, rientrano in una logica completamente differente da quella di ‘Che fare?’] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]