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“La scoperta del plusvalore fu la più grande svolta rivoluzionaria nella scienza economica. Essa permise a Marx, per la prima volta nella storia dell’economia politica, di scoprire e spiegare scientificamente il meccanismo dello sfruttamento capitalistico. Per usare l’immagine di Vladimir Majakovskij, Marx «afferrò la mano dei ladri di plusvalore e li colse sul fatto» (30). Marx dimostrò per primo nella storia della scienza economica che l’appropriazione del plusvalore creato dall’operaio da parte della classe dei capitalisti è la base del modo di produzione capitalistico e si compie in pieno accordo con le sue leggi interne, in particolare con la legge del valore. Se lo sfruttamento capitalistico risulta dalla natura dei rapporti capitalistici di produzione stessi, la conseguenza diretta è che nell’ambito dell’ordinamento capitalistico non è possibile alcuna liberazione della classe operaia dallo sfruttamento. «Le masse espropriate non hanno altra prospettiva di ottenere il possesso, se non quella di trasferire alla società, per via rivoluzionaria, la proprietà dei mezzi di produzione, di fare cioè di questi mezzi di produzione il bene comune di tutto il popolo» (31). La rivoluzione socialista è dunque non solo possibile, ma anche necessaria: questa la conclusione decisiva che deriva dalla teoria del plusvalore di Marx. Così l’ipotesi scientifica avanzata negli anni quaranta del XIX secolo si era trasformata, alla fine degli anni cinquanta, in una tesi scientificamente dimostrata. La scoperta della categoria «plusvalore» da parte di Marx non può essere ridotta alla mera invenzione del termine corrispondente. Così hanno fatto tuttavia gli economisti borghesi che hanno voluto gettare il discredito sulla teoria marxista attribuendone i meriti per esempio ai socialisti ricardiani. Alcuni studiosi sovietici ritengono che Marx abbia inventato il termine «plusvalore» (32). Quest’opinione non può essere assolutamente condivisa. Il termine «surplus value» (plusvalore) era stato già usato dal socialista ricardiano inglese William Thompson nella sua opera ‘An Inquiry into the Principles of the Distribution of Wealth Most Conducive to Human Happiness’ (1824) (33). Come fece notare F. Engels nell’articolo ‘Juristen-Sozialismus’ scritto in collaborazione con K. Kautsky, Thompson designava con questo termine il sovrapprofitto che il capitalista, che impiega macchine, ottiene nei confronti dell’artigiano, che fa un lavoro manuale. Accanto al termine  «surplus value», Thompson usò anche il termine «additional value» (valore aggiunto), col quale egli designava l’intero valore creato ex-novo (v+p). Engels accennò anche al fatto che «in Francia l’espressione plusvalore per ogni eccedenza di lavoro che non costa nulla al possessore di merci, è, a memoria d’uomo, comunissima nel normale mondo degli affari» (34). E’ anche interessante notare che Marx, molto tempo prima che apparisse il ‘Capitale’, in uno dei suoi primi articoli (scritto nell’ottobre del 1842) usò un paio di volta la parola «plusvalore», e precisamente nel significato di valore aggiuntivo, di multe pecuniarie con cui il proprietario di boschi sarebbe stato indennizzato nel caso di furto di legna (35). Il fatto che Marx introdusse il termine «plusvalore» per designare la categoria corrispondente fu naturalmente di importanza essenziale per l’elaborazione della teoria del plusvalore stessa. Circa il significato della terminologia nello sviluppo della scienza Engels ebbe a dire: «Ogni concezione nuova di una scienza racchiude una rivoluzione nelle espressioni tecniche di questa scienza (…). L’economia politica si è accontentata in generale di prendere i termini della vita commerciale e industriale così com’erano, e di operare con essi, non avvedendosi affatto che in tal modo si limitava alla ristretta cerchia delle idee espresse in quelle parole. Così, la stessa economia politica classica, pur consapevole perfettamente che tanto il profitto quanto la rendita non sono che suddivisioni, sezioni di quella parte non retribuita del prodotto che l’operaio deve fornire al suo imprenditore (che è il primo ad appropriarsela benché non ne sia il possessore ultimo, esclusivo), non è mai andata al di là delle nozioni comunemente accettate di profitto e di rendita, non ha mai esaminato nel suo complesso, come un tutto unico, questa parte non retribuita del prodotto (che è chiamata da Marx plusprodotto), e dunque non è mai giunta ad una chiara comprensione né della sua origine e della sua natura, né delle leggi che regolano la successiva distribuzione del suo valore» (36)” [Vitalij S. Vygodskij, ‘Introduzione ai “Grundrisse” di Marx’, a cura di Cristina Pennavaja, Firenze, 1974] [(30) V. Majakovskij, ‘Poesie e poemi’; (31) ‘Programm und Statut der Kommunistischen Partei der Sowjetunion’, Berlin, 1961, p. 28; (32) Cfr. E.A. Messerle, (…) I, Alma Ata, 1956, p. 46; (33) W. Thompson, ‘An Inquiry into the Principles of the Distribution of Wealth Most Conducive to Human Happiness’, London, 1824, pp. 167, 169; (34) ‘Juristen-Sozialismus’, in Werke, Bd. 21, p. 506; (35) K. Marx, ‘Debatten über das Holzdiebstablgesetz’, in Werke, Bd. 1, pp. 135, 136, 139; (36) F. Engels, ‘Vorwort zur englischen Ausgabe des ersten Bandes des Kapitals’, in Werke, Bd. 23, p. 37 s. [Il Capitale, I, p. 54 s.]]