“La Russia era uno stato plurinazionale e in molte città poc’anzi ricordate la composizione nazionale della classe operaia era assai eterogenea. Ogni azione rivoluzionaria poteva avere successo solo se si riusciva a stabilire l’accordo fra le varie nazionalità. Perciò una preoccupazione costante dei socialdemocratici era quella di fare appello a «l’operaio russo, armeno o tartaro – tutti fratelli nel lavoro, essi hanno un solo nemico comune – i capitalisti e i governo autocratico»: come diceva per esempio l’appello del 10 luglio del Partito socialdemocratico di Baku (7). D’altra parte il recente sviluppo capitalistico della Russia e quindi la conseguente formazione della coscienza di classe era ritardata da tutta una serie di fattori. La classe operaia, essendo di recente formazione, manteneva ancora molti legami con il villaggio, o con la vita patriarcale, nutriva ancora molte illusioni zariste. In alcune città, come per esempio Odessa, molti operai erano sotto l’influenza dell’economicismo e credevano ai sindacati polizieschi (‘zubatovscina’). Le repressioni indiscriminate delle autorità zariste aiutavano gli operai a liberarsi da queste illusioni più che centinaia di discorsi. La crescente resistenza operaia ebbe due conseguenze di notevole rilievo. Da una parte il governo zarista chiese alle autorità locali di ripristinare il traffico ferroviario a ogni costo; il ministro Pleve arrivò a dire «se occorre anche sui cadaveri». I socialdemocratici, a loro volta risposero conducendo la propaganda e l’agitazione fra i soldati. Non a caso un proclama “Ai soldati” dei socialdemocratici di Ekaterinoslav diceva: «Voi siete nostri fratelli, anche voi siete operai e contadini, ma soltanto vestiti con l’uniforme (…) i nostri nemici sono (…) i vostri nemici. Avete giurato di difendere la patria, difendetela dal governo che l’opprime e la rovina (…)» (8). In seguito a questa intensa propaganda rivoluzionaria, in molte località i soldati si rifiutarono di sparare sugli operai. Lenin, valutando il significato di questo sciopero, scrisse: «Si sente che siamo alla vigilia delle barricate» (9). E che il 1903 sia un anno cruciale nella preparazione della prima rivoluzione russa è dimostrato anche dai dati che lo stesso Zilli (*) riporta. Egli, per esempio, a p. 340 riporta la tabella con la dinamica degli scioperi e degli scioperanti dal 1895 al 1904. In questa tabella si vede chiaramente che nel 1903 si ebbe un brusco aumento del numero degli scioperi e degli scioperanti. Tutti gli esempi che abbiamo finora riportato dimostrano più che a sufficienza che non è possibile sottovalutare lo sviluppo delle lotte di massa, e la loro influenza sul corso degli avvenimenti. Si tratterebbe, a mio avviso, di una tipica concezione “liberale”, che consiste nel diminuire al massimo l’importanza delle lotte lavoratrici nel fare la storia, nel non vedere (o non voler vedere) il legame dialettico fra lo sviluppo di queste lotte e l’elaborazione teorica dei dirigenti, in ultima analisi nel considerare i contrasti fra i dirigenti esclusivamente come contrasti personali” [Renato Risaliti, ‘La Russia: dalle guerre coloniali alla disgregazione dell’Urss’, Milano, 2007] [(7) V.E. Cermenskij, Istorija SSSR, Moskva, 1959, p. 59; (8) Ivi, p. 56; (9) V.I. Lenin, ‘Socinenija’, IV ed., VIII, p. 119]  [(*) V. Zilli, ‘La rivoluzione russa del 1905. La formazione dei partiti politici, 1881-1904’, Napoli, 1963] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]