“Con umile onestà Marx riconosce la propria impreparazione, sdegna di ricorrere alle «trovate superficiali del momento», sente che è necessario affrontare «uno studio lungo, assiduo e molto approfondito» delle teorie del socialismo, per giungere a una piena chiarificazione dottrinale: «agli esperimenti pratici», egli proclama (p. 174), «sia pure esperimenti di massa, si può sempre rispondere col cannone, ma le idee che la nostra intelligenza ha acquisito vittoriosamente, che il nostro animo ha conquistato, alle quali l’intelletto ha forgiato la nostra coscienza, sono vincoli dai quali non ci si strappa senza lacerarsi il cuore, sono demoni che l’uomo può vincere soltanto sottomettendosi ad essi». Marx contraeva così con se stesso un serio impegno di lavoro e intuiva nel contempo il proprio imminente destino. Nelle pagine della «Renana» non erano mancati anche in precedenza accenni alla situazione del proletariato, amare constatazioni dell’avvilente miseria operaia («il castoro è un muratore con la pelliccia e il muratore un castoro senza pelliccia», p. 110), rivendicazioni di sapore sindacalistico («il salariato è più autorizzato del teologo a discutere se si debba o no lavorare nei giorni di festa» (p. 122), un senso di istintiva fiducia nelle larghe masse escluse dalla vita politica e dal benessere economico («sappiamo che l’uomo da solo è debole, ma sappiamo anche che la totalità è forte», p. 113), che non rappresentano «una bruta massa inorganica» (p. 253), ma la realtà concreta in cui si esplica la vita dello Stato. Ben presto l’occasione chiamò Marx a un esame approfondito di specifiche questioni sociali, inducendolo ad analizzare i provvedimenti repressivi escogitati dalla sesta Dieta renana contro le asportazioni abusive di legna (pp. 177-225) e ad assumere le difese di un anonimo corrispondente del giornale, che aveva sollevato le ire della censura per la sua obiettiva indagine sulla crescente miseria dei viticoltori della Mosella (pp. 293-330). Cinquanta e più anni dopo, scrivendo a R. Fischer il 15 aprile 1895, Federico Engels ricordava di aver «udito sempre da Marx, che proprio occupandosi della legge sul furto di legna e della situazione dei contadini della Mosella egli era passato dalla pura politica a questioni di carattere economico, e di qui al socialismo»” [Luigi Firpo, ‘Prefazione’] [(in) Karl Marx, ‘Scritti politici giovanili’, Torino, 1950]