“Negli ultimi anni di vita Marx cominciò ad interessarsi attivamente di antropologia e di etnologia. Certo continuò a studiare le tabelle statistiche dell’agricoltura russa e turca, ma alcuni segnali biografici ci fanno pensare che la sua testa fosse ormai altrove. Non si tratta di lutti familiari o delle declinanti condizioni di salute. Ci deve essere certamente qualcosa d’altro. Lawrence Krader, che ha studiato analiticamente gli interessi etnologici dell’ultimo Marx, li ricollega direttamente alla sua giovanile teoria dell’alienazione sia alla sua lettura e interpretazione di Darwin e del darwinismo. Marx legge Morgan, Maine e Kovalevskij, classici dell’etnologia del suo tempo, perché sente il bisogno di inserire la sua teoria dello sfruttamento e della possibile emancipazione in un quadro storico più ampio e appunto meno “economicistico”. (…) Era questo un lavoro impossibile per un uomo malato, che sarebbe morto a soli sessantacinque anni di età. L’arte è lunga e la vita è breve. Il destino “economico” di Marx era stato tracciato. Nella ‘Critica al Programma di Gotha’ del 1875, vero e proprio testamento teorico scritto di Marx, egli mette in guardia dalle interpretazioni economicistiche e lavoristiche del suo pensiero maniacalmente centrate sulla teoria del valore, ma si vede che non crede neppure lui nel buon esito di questa messa in guardia, perché si congeda per sempre dal suo lettore con un motto latino, e cioè ‘Dixi et salvavi animam meam”. Ho detto e mi sono salvato (almeno) l’anima. (…)” [Costanzo Preve, Storia critica del marxismo. Dalla nascita di Karl Marx alla dissoluzione del comunismo storico novecentesco, Edizioni La Città del Sole, Napoli, 2007]