“Il fuori-Stato (“außer dem Staate”) è l’atomismo della società civile, “das kommunistische Wesen” dell’individuo. Ma, anche nell’epoca dello Stato, permangono ampie zone franche, nelle quali la legislazione è inapplicabile – circostanze del genere ricadono sotto la definizione di ‘Notrecht’, o ‘ius necessitatis’. Scrive Hegel (Rph. I, § 63 A): “Nel caso siano entrambi in pericolo di vita e solo uno può aggrapparsi alla tavoletta di salvataggio, allora si ha una condizione non giuridica”. Di recente è accaduto qualcosa di molto simile al largo delle coste del medio Adriatico. Due pescatori, sorpresi da una burrasca, finiscono in mare, malauguratamente il peschereccio non aveva bordo una scialuppa di salvataggio (o forse era danneggiata) e un solo giubbotto di salvataggio, e l’uno disse all’altro marinaio (quegli che poi si salvò e poté raccontarlo) “Prendilo tu, io sono ormai vecchio, tu hai moglie e figli ancora da crescere”, e questo qua prende e si mette il giubbotto, e mentre nuota fra le acque gelide del mare melmoso di febbraio, vedeva l’imbarcazione inabissarsi insieme al suo ultimo uomo. Ma da simili circostanze catastrofiche e accidentali, la filosofia del diritto di Hegel sposta la considerazione intorno alla vittima del “Not” sulla volontà del ricco – è questi infatti a stabilire con la propria volontà la forma del rapporto giuridico, che determina lo stato di necessità, nel quale viene a trovarsi il povero. Di qui Fichte adduce l’autodifesa (“Selbstverteidigung”), una zona franca dove lo Stato non può intervenire, perché ancora territorio dello ‘ius naturalis’. Che cosa significa la “Selbstverteidigung”, e come si attua? E’ forse concessa la sollevazione, del tipo sciopero proletario ovvero generale? La prassi che si agisce a partire dal ‘Nortrecht’ porta a ristabilire un’uguaglianza? Nell’ottobre 1842, Marx pubblica sulla ‘Gazzetta renana’ una serie di articoli sulla legge per la repressione dei furti di legna, discussa dalla Dieta nel giugno 1841, essi rappresentano “un aspetto significativo della lotta condotta dai ceti abbienti contro le ultime parvenze di proprietà collettiva del suolo” (Firpo, 9, p. 186). Marx sostiene non doversi parlare propriamente di furto, dal momento che “in caso di legna caduta, non viene tolto nulla alla proprietà. Ciò che si stacca dalla proprietà è separato da essa” (Marx, 9, p. 191). I poveri raccoglievano legna caduta dagli alberi, senza reciderla dagli alberi stessi. Un marxologo assai scrupoloso scrive al riguardo: “Marx fa risalire il diritto alla natura-essenza della cosa (di cui è questione), nel senso che la natura della cosa è “fonte” della qualificazione giuridica dei fatti indipendentemente e prima che intervenga un atto normativo, umano, consapevole, a sanzionarla, ad esprimerla in maniera chiara e universale. Dimodoché, se quest’atto normativo umano (“legge”) si conforma alla natura della cosa, allora non fa che rendere cosciente legge dello Stato una “legge naturale” … il vero stato della natura umana (sembra sottintendere Marx…) non è l’isolamento, ma lo stato di società…”La natura giuridica dei fatti non può prendere a norma la legge, bensì questa deve attenersi a quella” (Marx, ‘Scritti politici giovanili’, p. 182) (Guastini, p. 74). In questa fase ancora hegeliana, Marx considera che lo Stato, in quanto portatore, teoreticamente, del diritto scritto, abbia l’obbligo di assumere il diritto consuetudinario; in questo modo, il diritto scritto espone il proprio primato ‘tecnico’ sul diritto consuetudinario, ed è su questa supremazia che Marx può “fondare il primato anche ‘logico’ del diritto scritto sul diritto consuetudinario” (ibid., p. 83). In altre parole, Marx ritiene che la consuetudine, in quanto effetto del ‘Notrecht’, possa diventare “consuetudine di Stato” (Marx, 9, p. 186), e però svolgere una funzione perequativa nella società civile” [Clio Pizzingrilli, Note aggiunte, (in) Karl Marx, Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, Macerata, 2008]