“Bentham anticipa dunque una tendenza che Ricardo farà sua fissando entro limiti invalicabili l'”infelicità” dei produttori diretti e definendo come “felicità” il rapporto di servitù implicito o esplicito che la maggior parte degli uomini instaura con il reddito dei sovrastanti. Andando assai oltre il “cinismo” di Ricardo, che non manca mai di mantenere un rapporto con le verità della scienza e che posto dinanzi alla scelta tra queste e gli interessi di classe, sa optare per la prima (10), Bentham resta del tutto involto nei rapporti borghesi. E’ nota la pagina ferocemente polemica che Marx gli dedica: “L’economia classica ha prediletto da sempre concepire il capitale sociale come una ‘grandezza fissa’ dal grado di efficacia fisso. Ma questo pregiudizio è stato consolidato in dogma dall’arcifilisteo Geremia Bentham, questo oracolo del senso comune borghese del secolo XIX, arido pedante e chiacchierone banale… Col suo dogma diventano del tutto incomprensibili i fenomeni più comuni del processo di produzione, come per esempio le improvvise espansioni e contrazioni e perfino l’accumulazione. Questo dogma è stato utilizzato a scopi apologetici tanto dallo stesso Bentham, quanto dal Malthus, da James Mill, dal McCulloch, ecc. E in particolare è stato usato per rappresentare come ‘grandezza fissa una parte del capitale, il capitale variabile, ossia quello convertibile in forza-lavoro’. L’esistenza materiale del capitale variabile, cioè la massa dei mezzi di sussistenza che esso rappresenta per l’operaio, ossia il cosiddetto ‘fondo di lavoro’, venne favoleggiato come una ‘parte speciale’ della ricchezza sociale recinta da catene naturali e impenetrabili…”. Certo, per mettere in movimento i mezzi di produzione occorre una “massa determinata di lavoro vivente”, “data tecnologicamente”. Ma “non è dato né il numero degli operai necessari per rendere liquida questa massa di lavoro, perché ciò cambia con il cambiare del grado di sfruttamento della forza-lavoro individuale, né è dato il prezzo di questa forza-lavoro, ma soltanto il suo limite minimo che per giunta è molto elastico”. Alla base di questo dogma stanno questi fatti: “da una parte l’operaio ‘non ha diritto di dir la sua’ nella divisione della ricchezza sociale in mezzi di godimento di coloro che non lavorano e in mezzi di produzione; dall’altra parte, l’operaio può ampliare il cosiddetto ‘fondo di lavoro’ a spese del ‘reddito’ del ricco soltanto in casi d’eccezione favorevoli” (11)” [Nicola Badaloni, Marx e la ricerca della libertà comunista. (in) ‘Storia del marxismo’, Torino, 1978] [(10) “La mancanza di riguardo di Ricardo era dunque non solo ‘scientificamente onesta’, ma ‘scientificamente necessaria’ per il suo punto di vista. Ma perciò gli è anche del tutto indifferente che lo sviluppo delle forze produttive uccida la proprietà fondiaria o gli operai…Se la concezione di Ricardo è nel complesso nell’interesse della ‘borghesia industriale’, lo è solo ‘perché e in quanto’ l’interesse di questa coincide con quello della produzione e dello sviluppo produttivo del lavoro umano. Quando quello entra in conflitto con questo, egli è altrettanto ‘privo di riguardi’ verso la borghesia, come del resto lo è verso il proletariato e l’aristocrazia” (Marx, Teorie sul plusvalore’, cit., vol. 2, p. 120). A questo si riduce la teoria della partiticità della scienza in Marx; (11) Marx, Il Capitale, cit., libro primo, pp. 748-50]